Tamponi fai da te: ecco perché sono attendibili e quali sono i più sensibili | Altroconsumo

2022-10-08 19:29:12 By : Mr. David Chen

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Alcuni esperti dicono di no, ma gli studi dicono che i tamponi fai da te sono affidabili, sempre che vengano fatti nel modo e nel momento giusti. Anche se meno sensibili del molecolare, possono individuare la gran parte dei casi, anche quando fatti da soli a casa. Abbiamo valutato le sensibilità di oltre 30 tamponi reperibili sul mercato: quattro hanno una sensibilità alta. Ecco quali sono e come usarli al meglio.

All'inizio fu il Boson, il primo self test ad arrivare sul mercato; oggi sui siti di ecommerce, nelle farmacie e nei supermercati se ne trovano di svariate marche. Stiamo parlando dei tamponi rapidi, antigenici, fai da te, ovvero di quegli strumenti ormai indispensabili per tutti coloro che, avendo dei sintomi riconducibili al Covid, vogliono una risposta rapida ai loro sospetti. E se inizialmente i test fai da te erano relegati al solo ruolo di automonitoraggio da parte di cittadini preoccupati, oggi i self test hanno acquisito un riconoscimento e un ruolo maggiore. Ad esempio, sono utilizzabili per l’auto-sorveglianza a scuola, secondo le regole stilate a inizio febbraio.

Sono poi entrati a far parte della strategia di controllo dell’epidemia in regioni come l’Emilia Romagna, che fin dal 19 gennaio ne consente l’uso (regolamentato e ristretto ai soli vaccinati con la terza dose) per avviare e concludere l’isolamento in caso di positività. Guardando all’estero, da tempo nel Regno Unito rientrano nella strategia nazionale di screening messa a punto dalle Autorità sanitarie, che distribuiscono gli autotest gratuitamente, mentre in Germania i tamponi antigenici fai da te vengono rimborsati ai cittadini tedeschi che li utilizzano per monitorarsi.

I test antigenici, sia professionali sia fai da te, possono avere una buona sensibilità e possono contribuire a contenere il contagio grazie ad alcune caratteristiche che il tampone molecolare non ha: ampissima accessibilità, costo contenuto, risultato rapidissimo, possibilità di ripetere l’esame più volte, per trovare prontamente i casi. Inoltre, il fai da te ha dalla sua la facilità d’uso e un prelievo meno “invasivo” di quello previsto dal tampone molecolare o dai test a uso professionale, cosa particolarmente utile nel caso dei bambini piccoli e degli scolari in generale. 

Alcuni esperti, tuttavia, si sono detti contrari all’uso dei test antigenici, anche quelli professionali (cioè quelli usati dai farmacisti o da altri operatori sanitari) perché a detta loro molto meno sensibili del tampone molecolare e quindi troppo poco capaci di contenere il contagio. E la critica è ancora più aspra nei confronti degli autotest perché (a detta dei detrattori) la mano del professionista sarebbe più abile di quella del cittadino nel fare il prelievo correttamente, passaggio fondamentale per avere un esito affidabile. 

Chi ha quindi ragione sugli antigenici fai da te? Sono meglio i test professionali, fatti dal farmacista? O invece sono affidabili? Come e quando vanno fatti per avere risultati attendibili? Ci sono self-test più attendibili di altri? Abbiamo provato a rispondere a tutte queste domande.

Al contrario del tampone molecolare, che cerca nel prelievo il materiale genetico del virus, i test antigenici riconoscono il virus rilevando le specifiche proteine del SARS-Cov-2. Lo fanno utilizzando degli anticorpi che si legano in modo specifico a queste proteine (definite genericamente “antigeni”) innescando così una reazione chimica che permette al test di colorarsi e darci il risultato.

Rispetto ai test antigenici usati in farmacia, il prelievo è più semplice, proprio perché il self test è pensato per essere utilizzato in autonomia da soggetti non esperti. Se il test usato dai professionisti prevede di solito un prelievo naso-faringeo (con il “bastoncino” inserito a fondo) quello previsto dall’autotest è molto meno profondo, limitandosi di norma al prelievo nasale (a 2-2,5 cm di profondità) o salivare (raccolto con un piccolo imbuto). Se in linea teorica il prelievo naso-faringeo può sembrare più affidabile, in realtà i dati a disposizione rilevano differenze poco importanti tra test antigenici fatti su prelievi naso-faringei o solo nasali. I test eseguiti sulla saliva, invece, sono inizialmente risultati meno sensibili, ma questo aspetto va oggi rivalutato in funzione della nuova variante dominante, Omicron, che sembra rintracciabile più precocemente nella saliva.

La corretta raccolta del campione è comunque uno dei passaggi più importanti nell’esecuzione del test, anche forse più del kit utilizzato. Se il campione non è di buona qualità, il test può restituire risultati falsati o inconcludenti. Per questo prima di eseguire il test è necessario leggere attentamente le istruzioni riportate dal produttore.

Sebbene i test antigenici vengano usati anche da persone asintomatiche, il test antigenico fai da te è pensato principalmente per l’uso in persone con sintomi. Il motivo di questo apparente limite sta nella metodica stessa del test.

Se il tampone molecolare, per via del suo metodo, può rilevare anche tracce del genoma virale e quindi dare un responso positivo anche molto presto o a grande distanza dal contagio (anche a 3-4 settimane), quando la carica virale è molto bassa, il test antigenico - che invece rileva le proteine del virus - per poter rilevare l’infezione deve poter contare su un prelievo ricco di materiale virale e quindi su una carica virale elevata.

Una carica virale elevata in una persona con un’infezione da SARS-Cov-2 in corso, la si osserva in un periodo di tempo - variabile da persona a persona - che va da 1-3 giorni prima dell’esordio dei sintomi fino 5-7 giorni dopo. Un test antigenico, fai da te o professionale, fatto in questa finestra temporale ha una maggiore probabilità di dare il riscontro corretto. Al di fuori di questa finestra, la possibilità di un falso negativo aumenta, perché il test antigenico fatica a rilevare l’infezione se nel campione c’è una quantità limitata di materiale virale.

Anche gli asintomatici possono avere una carica virale altrettanto elevata, ma è difficile capire quale sia il momento giusto in cui fare il test, cioè quello in cui la carica virale è sufficientemente elevata da facilitare il compito al test. A meno che non si abbiano certezze sul momento del contagio: in questo caso, bisogna tener conto che dopo il contagio c’è un periodo di incubazione di almeno 2-3 giorni, in cui la carica virale è ancora bassa e il test può dare un esito falsamente negativo. Tenuto quindi conto dell’andamento dell’infezione, il periodo migliore per eseguire un test antigenico va da circa 4 giorni dopo il possibile contatto a rischio, fino a circa 8 giorni dopo, cioè la finestra temporale in cui è più probabile che la carica virale a livello delle mucose di naso e gola sia più elevata. Se si esegue il test nei primi 3 giorni dal contatto a rischio o 8 giorni dopo aumenta il rischio che il test restituisca un falso negativo, in quanto non riuscirebbe a rilevare il virus. Ciò spiega perché si possa risultare positivi il giorno dopo aver avuto un responso negativo, così come si intuisce l’utilità della ripetizione del test a distanza di 24/36 ore.

Per questi motivi i test antigenici si rivolgono principalmente ai sintomatici, ma possono essere utilizzati dagli asintomatici che abbiano avuto di recente (ma non meno di 2-3 giorni prima) dei contatti a rischio (cioè stretti e prolungati) con un caso accertato.

Come anticipato nella FAQ precedente, i test antigenici, fai da te o professionali, sono meno sensibili di un test molecolare e potrebbero non indentificare un positivo nel periodo di incubazione, un asintomatico o una persona in via di guarigione. Il motivo sta, come spiegato, nella carica virale del campione prelevato, che in certe fasi dell’infezione e in alcune persone potrebbe essere un po’ troppo bassa per il test, che finirebbe per dare un falso negativo.

Secondo una revisione di 133 studi clinici con dati sull’accuratezza degli antigenici, pubblicata sulla rivista Plos Medicine ad agosto 2021, questi test hanno una specificità molto alta (del 99% circa) ma una sensibilità media più bassa del tampone molecolare, cioè poco superiore al 70%. Ciò significa che gli antigenici si farebbero sfuggire 3 positivi ogni 10 casi di infezioni riconosciuti dal tampone molecolare (che è sempre il test di riferimento). Si tratta però di un valore buono, che migliora quando il test viene eseguito nel modo e momento più opportuno. La sensibilità media aumenta se il test viene fatto ai soli sintomatici (sale al 77% circa), se viene fatto entro 7 giorni dall’esordio dei sintomi (circa 84%) ed è molto elevata quando la carica virale del campione è molto alta, salendo a circa il 96%.

Il test antigenico è quindi meno sensibile del molecolare, ma è in grado di riconoscere la gran parte dei positivi, soprattutto quelli con carica virale elevata, ritenuti molto contagiosi.

L’inferiore sensibilità è lo scotto da pagare per avere un test più facilmente accessibile (perché poco costoso e facilmente reperibile), molto rapido nel dare l’esito, utile a mettersi in isolamento il più presto possibile e soprattutto facilmente ripetibile per ovviare a possibili falsi negativi. Il limite della sensibilità più bassa può infatti essere superato grazie a un uso più frequente del test. Ne è convinto anche il Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie, che nella sua valutazione dei test fai da te sostiene: “La periodicità più frequente consente di intercettare la persona al momento in cui nella storia naturale della malattia presenta una carica virale più elevata”. Ciò significa che il test fai da te, ripetuto quotidianamente per alcuni giorni di seguito o a intervalli di tempo definiti, può rilevare un’infezione sfuggita al primo (e spesso unico) tentativo fatto dalla persona.

Se da una parte il tampone molecolare rappresenta un esame clinico estremamente accurato - anche negli asintomatici - e pertanto più affidabile per capire se si è stati infettati dal SARS-Cov-2, di contro richiede tempi più lunghi per l’accesso al test e per la ricezione di un referto, con il risultato di portare a una diagnosi di Covid e a un isolamento troppo tardivo.

La praticità e velocità dei test antigenici hanno un costo in termini di sensibilità. È risaputo, da quando sono entrati sul mercato, che si tratta di test meno sensibili dei molecolari, cioè meno abili nel rilevare i casi di infezione. Il confronto con il tampone molecolare non deve mettere in dubbio la validità di questi test nel controllo dell’epidemia. Così come non è pensabile in questo particolare periodo storico affidarci ai soli molecolari, solo perché i test rapidi sono meno sensibili: basti pensare all’attesa che richiede l’accesso al tampone molecolare e la ricezione dei risultati. Se pensiamo che un test antigenico positivo permette di identificare facilmente e rapidamente le persone con una carica virale molto elevata, e quindi con un potenziale infettivo molto alto, l’opportunità di limitare da subito il rischio di trasmissione ai contatti offerta dai test antigenici non è da sottovalutare.

I test antigenici sono in grado di rilevare l’infezione, ma devono solo essere eseguiti nella maniera corretta e nel momento giusto. La conoscenza delle caratteristiche e dei limiti legati all’uso di questi test non deve portarci a un rifiuto, ma a un uso più consapevole. Ad esempio, a usare il test più volte per verificare un risultato negativo in presenza di sintomi, al posto di fidarci del singolo risultato. Da parte loro, i fai da te consentono un automonitoraggio più semplice, più frequente e più tollerato per via del prelievo più semplice.

Le differenze tra i due sono davvero poche. Non solo il meccanismo di funzionamento è il medesimo, ma spesso, se non sempre, le versione fai da te di un test è identica alla versione a uso professionale, se non per una differenza: la tipologia del prelievo, che nel fai date te è solo nasale o salivare, mentre in quelli a uso professionale può essere naso-faringea, usando bastoncini ovattati più lunghi e che vanno più in profondità, come per il tampone molecolare.

Che un test a uso casalingo e la versione a uso professionale siano spesso lo stesso kit con diverso prelievo è evidente se si confrontano le informazioni presenti su schede tecniche e foglietti illustrativi, cosa che abbiamo fatto per decine di test. I dati di accuratezza riportati sono spesso gli stessi. Inoltre, abbiamo constatato che quasi tutti i produttori di test fai da te, tra quelli da noi analizzati, producono anche una versione per uso professionale. Al contrario della versione professionale, la versione fai da te, di fianco al marchio CE, presenta un codice di quattro cifre che identifica l’ente indipendente che ne ha certificato la possibilità dell’utilizzo da parte di non-professionisti. Se un test antigenico ha solo il marchio CE senza codice, allora si tratta di un test a uso professionale, anche se può trattarsi del medesimo test.

C’è però un’altra differenza, legata al tipo di prelievo: la mano di chi fa il prelievo. L’auto-prelievo da parte del cittadino ha suscitato dubbi e polemiche tra gli esperti, che ritengono che quando il cittadino fa da sé, l’esito del test sia meno affidabile, per colpa di prelievi scorretti. Tuttavia, queste critiche sembrano spesso più figlie del pregiudizio che delle evidenze: gli studi disponibili sulla performance dei test fai da te da parte di cittadini inesperti sono infatti molto limitati. Non sappiamo quanto una mano inesperta possa inficiare il risultato del test, né quanto la mano esperta del professionista possa favorire un esito corretto. Anche perché, sul campo, le condizioni in cui si fanno i prelievi non sono quelle ideali di uno studio clinico: le code dei pazienti in attesa per l’esame, la fretta con cui si eseguono per smaltire le file, il prelievo da parte di mani più o meno esperte o approssimative, sono tutti fattori da mettere in conto quando si valuta la performance nel contesto più professionale. Quale sia la differenza reale, quindi, non è ben chiaro.

Gli studi condotti dai produttori (utili per poter apporre il marchio CE su un auto-test)  mostrano che i risultati dei test fatti dai cittadini hanno una buona concordanza con l’esito dei test fatti dai professionisti: c’è pur sempre una perdita di sensibilità, ma come detto, questo problema può essere superato ripentendo il test un’altra volta o auto-sorvegliandosi più regolarmente, una cosa molto più semplice da fare usando dei kit casalinghi con sufficiente performance, che mettendosi ripetutamente in coda per fare un esame.

In un momento in cui la circolazione del virus è elevata, la sensibilità del test è il parametro più rilevante, perché siamo più interessati a evitare i falsi negativi - cioè le false rassicurazioni - che i falsi allarmi (cioè i falsi positivi).

Più la sensibilità di un test è alta, più si riduce il rischio di falsi negativi. Tuttavia, fidarsi o meno di un risultato negativo o positivo dipende non solo dalla sensibilità del test, ma anche da come lo si esegue, da quando lo si esegue e dalla circolazione del virus.

La buona qualità del campione che si raccoglie è il punto di partenza della buona riuscita del test, per questo si raccomanda di seguire scrupolosamente le istruzioni fornite dal produttore del test all’interno del kit. E poiché il test è più sensibile quando la carica virale è elevata, il momento in cui si effettua il test è cruciale. È più facile che un test negativo sia effettivamente un vero negativo se abbiamo eseguito il test nel momento in cui la carica virale tende a essere elevata, cioè a distanza di almeno 3-4 giorni dal contagio. Se invece viene fatto troppo presto (per esempio, uno o due giorni dopo il contatto a rischio) le probabilità di un falso negativo aumentano considerevolmente.

Dobbiamo anche tener conto della situazione: se siamo in un momento di elevata circolazione del virus e sappiamo di essere entrati in contatto stretto e prolungato con un positivo accertato, abbiamo un significativo rischio di essere stati contagiati. Se il test fai da te, fatto almeno tre giorni dopo il contatto a rischio, è negativo, meglio ripeterlo ancora il giorno dopo o due giorni dopo: così riduciamo il rischio di basarci su una falsa rassicurazione.

Se invece abbiamo qualche sintomo sospetto e il test è negativo, il rischio di una falsa rassicurazione è alto. Per togliersi il dubbio si può ricorrere a un tampone molecolare, consci però dei tempi lunghi, oppure ripetere il test nei giorni successivi, avendo cura di isolarsi nel frattempo.

In questo momento, non ci sono ragioni per pensare che Omicron abbia reso inutili i test antigenici rapidi, professionali o fai da te. Come sempre, quando una nuova variante prende piede, c’è la possibilità che le mutazioni che la rendono differente dalle precedenti possano avere un impatto negativo sui mezzi diagnostici. Detto questo, però, i test antigenici non dovrebbero essere stati impattati in maniera drammatica.  Come spiegato in precedenza, i test antigenici rilevano le proteine virali all’interno del campione prelevato dal naso e/o dalla gola. La grandissima maggioranza dei test in commercio rileva una specifica proteina, la proteina N, cioè la proteina che forma il nucleocapside, l’involucro proteico del virus. Si tratta di una proteina diversa dalla famosa proteina Spike che è mutata significativamente nelle varianti del nuovo coronavirus. La proteina N invece è mutata molto meno e alcune delle mutazioni erano già presenti in altre varianti individuate dai test.  Secondo questo principio, quindi, i test antigenici non dovrebbero essere diventati inefficienti. Diversi produttori hanno già dichiarato che i loro test sono in grado di rilevare la nuova variante. L’informazione è reperibile anche nella lista ufficiale europea dei test antigenici ammessi ai fini del green pass, e per i quali esiste una validazione indipendente fatta da enti terzi. Le versioni fai da te di questi test, quindi, dovrebbero conservare la stessa capacità.  Inoltre, i test antigenici sono attualmente in uso nelle farmacie per diagnosticare i casi e stanno attivamente contribuendo al contenimento della pandemia, in un momento in cui Omicron è dominate. Tuttavia, come sempre, la prova definitiva la si avrà solo quando usciranno degli studi ad hoc: i risultati preliminari di alcuni studi hanno sollevato dubbi sulla performance dei test antigenici di fronte alla nuova variante. A fine Dicembre, la FDA, l’agenzia americana del farmaco, ha dichiarato che i test antigenici sono sì in grado di rilevare la variante Omicron, ma potrebbero avere una “sensibilità ridotta", sulla base di risultati, appunto, preliminari. Recenti dati suggeriscono che la variante Omicron, replicandosi maggiormente nella gola/bocca rispetto al naso, renda gli antigenici salivari più efficienti di quelli nasali. Questo potrebbe spiegare anche perché i tamponi nasali abbiano dimostrato ridotta sensibilità nella fase precoce dell’infezione: potrebbe volerci più tempo per rilevare Omicron nel naso.  Ad oggi, quindi, le informazioni sono ancora sparse e poco chiare, provengono da studi piccoli, non ancora revisionati e in alcuni casi da studi di laboratorio da validare con studi clinici, ancora in corso. Non mancheremo di di aggiornare le informazioni non appena appena nuovi dati saranno disponibili.

Sul nostro mercato sono presenti molti test fai da te, quasi esclusivamente di fabbricazione cinese, importati da aziende europee. Ci sono ormai molti brand, ma può capitare che sotto brand differenti si nasconda lo stesso test (ad esempio, i test salivari All Test, BeRight e Juscheck sono lo stesso kit con nomi differenti).

Per fare una valutazione, i parametri da considerare sono la sensibilità e la specificità del test. La sensibilità è la probabilità che il test dia risultato positivo se la persona è infetta. La specificità è la probabilità che il test dia risultato negativo se la persona non è infetta. Entrambi i parametri vengono valutati dal produttore prima dell’immissione in commercio. Purtroppo, però, questi dati non sono né facilmente reperibili prima dell’acquisto né vanno presi come oro colato.

I valori di sensibilità e specificità di un test antigenico non sono generalmente riportati sulla confezione del test ma nel foglio illustrativo contenuto all’interno del kit, pertanto non sono visibili al momento dell’acquisto. Trattandosi poi di informazioni autocertificate alle autorità regolatorie, le informazioni su sensibilità e specificità vanno prese con le pinze. Sebbene i produttori dichiarino livelli di accuratezza molto alti, bisogna considerare che questi test vengono quasi sempre valutati su soggetti sintomatici o con cariche virali elevate, cioè le condizioni in cui i test mostrano la migliore performance. Sul campo, invece, i test potrebbero essere meno efficaci di quanto i produttori dicano, soprattutto nella prima fase di incubazione o una settimana dopo l’insorgenza dei sintomi quando la carica virale è più bassa. E questo vale per tutti gli antigenici, professionali o fai da te.

Se quindi da un lato i valori dichiarati dai produttori potrebbero sovrastimare l’effettiva sensibilità dei test, dall’altro i self test che abbiamo trovato sul mercato hanno tutti un livello sufficiente di sensibilità, stando alle valutazioni indipendenti condotte dal Paul Ehrlich Institute (PEI). Il PEI è un’agenzia federale che fa capo al Ministero della Salute tedesco e che si occupa dell’autorizzazione di vaccini e farmaci biologici in Germania. In questi mesi di pandemia, il PEI è stato un punto di riferimento per la comunità scientifica europea e ha condotto centinaia di valutazioni sui test antigenici, pubblicate e reperibili in rete.

Tenendo conto delle valutazioni del PEI, abbiamo stilato una lista di test fai da te in commercio nel nostro paese e per ognuno di essi abbiamo indicato i valori di sensibilità dichiarati dal produttore e un giudizio del livello di sensibilità sulla base dei test di laboratorio condotti dal PEI. I due dati vanno necessariamente letti insieme. Il dato dichiarato è una stima della sensibilità in un contesto reale di pazienti per lo più sintomatici e/o con carica elevata, che hanno fatto i due test - molecolare e antigenico - a confronto. Il PEI, invece, ha testato in laboratorio tutti i kit antigenici usando campioni di cui era nota la carica virale, per verificare se i test hanno almeno un livello accettabile di sensibilità. Si tratta di una prova di convalida che fornisce un dato comparativo molto utile, ma che non è direttamente confrontabile con quello fornito dal produttore: per questo motivo abbiamo riportato entrambi e sintetizzato le prove di laboratorio del PEI in un giudizio, secondo i criteri che spieghiamo qui di seguito.

Tutti i test fai da te presenti nella nostra lista sono considerati sufficientemente validi per l’uso in quanto tutti soddisfano i criteri minimi del PEI e hanno elevatissima sensibilità verso campioni con cariche virali molto elevate. La performance dei test è però variabile quando si prendono in considerazione anche dei campioni con cariche virali meno elevate e queste differenze sono rispecchiate nel nostro giudizio. Abbiamo giudicato buona la sensibilità di un test se ha rilevato correttamente il virus in almeno il 70% dei campioni con cariche virali alte e molto alte, e alta se ne ha riconosciuto almeno l’85%.

Dati alla mano, vediamo allora quali, tra tutti i tamponi fai da te in commercio, vale la pena acquistare. Abbiamo stilato una lista di quelli (tra salivari e nasali) venduti online, in farmacia e nei supermercati e abbiamo valutato i dati disponibili per ogni marca per dare informazioni sulla loro accuratezza. Nella tabella che segue abbiamo giudicato i vari prodotti sulla base della sensibilità valutata in laboratorio, in particolar modo su campioni con cariche alte e molto alte. A fianco, la sensibilità valutata in studi clinici, dichiarata dal produttore sul foglietto illustrativo. Ecco quali sono i più attendibili. 

Chiamaci Dal lunedì al venerdì 9.00-13.00 / 14.00-17.00

Il nostro ruolo nel mercato

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