Questo articolo è stato pubblicato in forma integrale sulla rivista dell’Unione Matematica Italiana
Secondo la definizione del suo collega Irving Kaplansky Emmy Noether è «la madre dell’algebra moderna». Eppure quando nacque il 23 marzo 1882, nella cittadina tedesca di Erlangen, dove suo padre, Max Noether, era un rinomato professore di matematica all’università che aveva largamente contribuito allo sviluppo della teoria delle funzioni algebriche, nessuno ebbe alcun presentimento circa il suo destino. Primogenita di quattro figli, unica femmina, molto amata dai genitori, di famiglia ebrea benestante, a scuola si orientò verso l’apprendimento delle lingue straniere, il francese e l’inglese: se proprio intendeva essere una donna indipendente, si pensò che potesse fare l’insegnante di lingue. Sulla sua infanzia non si sa molto: oltre che a studiare, imparò a suonare il pianoforte, senza mai arrivare alla qualità di sua madre, Ida Amalia Kaufmann. Si presume che suo padre si fosse accorto che la figlia impiegava la metà del tempo dei suoi compagni a risolvere gli indovinelli matematici che andavano di moda nelle feste per ragazzi dell’epoca.
L’Ateneo e i bagni
Era una ragazza simpatica, generosa, altruista, che amava la compagnia e che tendeva a vedere sempre il bicchiere mezzo pieno. Vediamo allora come riuscì la signorina Noether, rimasta tale tutta la vita giacché non ebbe né marito né figli, a sedurre intellettualmente uomini che in fatto di capacità di giudizio non erano certo dei dilettanti. Il matematico David Hilbert, per farle avere un posto all’Università di Gottinga, davanti al diniego del corpo accademico perché era una donna, alzò la voce e pronunciò la famosa frase: «Ma santo cielo, siamo una università, non in un bagno pubblico!». Ma l’apprezzamento che fece più sensazione fu quello di Albert Einstein, che Emmy l’aveva conosciuta bene ed immensamente ammirata; egli, vedendo che il New York Times aveva liquidato la sua prematura scomparsa nel 1935 con un trafiletto, prese carta e penna e fece pubblicare sul quotidiano un tributo divenuto leggendario, in cui decretò che Noether era stata «il più significativo genio creativo matematico mai prodotto da che le donne erano state ammesse ad una educazione superiore».
Il nonno Hermann Noether, che aveva aperto con uno dei fratelli una ditta di ferramenta, aveva sposato Amalia Wurzburger, con cui ebbe cinque figli, uno dei quali Max, padre di Emmy, diventò un illustre matematico all’Università. Emmy invece non diventò mai un’insegnante di lingue, come il padre aveva sperato, ma riuscì a convincerlo di avere un talento per la matematica, tanto da volerla studiare all’Università. Alle donne non era consentito avventurarsi in questo tipo di studi, ma lei grazie alla propria caparbietà riuscì ad ottenere il permesso di assistere ad alcuni corsi all’Università di Erlangen tra il 1900 e il 1902. Ma solo nell’ottobre del 1904 poté immatricolarsi ufficialmente. Nel 1907 conseguì il suo dottorato: la prova orale dell’esame le fruttò la valutazione di summa cum laude. Il suo advisor fu Paul Gordan, noto come il «re degli invarianti», date le sue intense ricerche in questo campo. La gratitudine di Emmy per Gordan durò tutta la vita, tanto che tenne sempre un suo ritratto sulla scrivania dove era solita concentrarsi.
Tra l’altro, oltre alla perizia nel lavorare con gli invarianti, Emmy imparò da Gordan a pensare alla matematica camminando: lei stessa si era definita «una studiosa peripatetica», abitudine che mantenne quando più avanti lavorò con i suoi allievi, che coinvolgeva in chilometriche passeggiate, fermandosi solo ogni tanto per bere un caffé o sostare qualche minuto sotto un albero. Erano tutti abituati a vederla girare con questa corte di giovani, che vennero soprannominati i Noether boys; i poveretti, oltre che a capire cosa lei dicesse, dovevano evitare che finesse sotto qualche mezzo di trasporto, totalmente distratta dalle sue elucubrazioni.
In condizioni normali la progressione della carriera avrebbe previsto il conseguimento dell’abilitazione, ma alle donne non era consentito cimentarsi. Il suo carattere positivo le fece accettare questo ostacolo con saggezza, così inizialmente si accontentò di aiutare il padre con le sue lezioni, cosa che Max Noether, oramai malfermo in salute, accettò di buon grado. Gordan nel frattempo era andato in pensione e gli succedette Ernst Fischer, che notò la sua inclinazione verso l’algebra astratta vista in chiave aritmetica e la spinse ad abbandonare i calcoli folli di Gordan e far propria la visione più astratta di David Hilbert. Emmy cominciò a pubblicare i suoi lavori e il primo riconoscimento venne proprio dall’Italia, dove nel 1908 fu eletta membro del circolo matematico di Palermo.
«Vestita come un prete di campagna»
L’anno dopo anche i tedeschi la elessero membro della DMV, cioè la Deutsche Mathematiker-Vereinigung, aggiungendovi un invito al Convegno annuale che si teneva a Salisburgo: Emmy fu l’unica donna a presentare un articolo. Pur non essendo una bellezza, suppliva con la sua intelligenza ed un certo charme. Emmy amava la danza quasi quanto la matematica e ogni scusa era buona per lanciarsi sulla pista ai balli universitari. Un nipote del matematico Franz Mertens che l’aveva vista a casa del nonno disse che si «vestiva come un cappellano di una parrocchia di campagna»: in nero, vesti lunghe fino ai piedi, un cappello da uomo e capelli corti e con una borsa portata a tracolla, simile a quelle dei conduttori delle ferrovie nel periodo imperiale. Per lei l’importante era stare comoda e soprattutto potersi agitare davanti ad una lavagna: infatti metteva una foga tale nelle sue lezioni e nelle discussioni di matematica, che i capelli si ribellavano a qualunque fermaglio e alla fine aveva l’aspetto della Gorgone Medusa!
Nel 1915 Hilbert e Klein la invitarono a tornare a Gottinga. Hilbert infatti stava lavorando in fisica su alcune idee della teoria della relatività parallele a quelle di Albert Einstein. Per sviluppare quanto aveva in mente, gli serviva un esperto in teoria degli invarianti. Emmy non si fece pregare e con grande stupore generale, rispose a due importanti quesiti: come ottenere tutti i covarianti differenziali di un vettore arbitrario o di un campo tensoriale in uno spazio di Riemann e come dimostrare che ad ogni trasformazione infinitesimale del gruppo di Lorentz corrisponde un Teorema di Conservazione. Aveva quindi dimostrato in fisica teorica il celebre Teorema di Noether, che prova che esiste una relazione tra le simmetrie nella fisica e le leggi di conservazione. Einstein, che era in corrispondenza epistolare con Hilbert, espresse la sua ammirazione per la profondità del pensiero matematico della giovane tedesca, dicendo che sapeva il fatto suo.
Le cartoline con le formule
Emmy era talmente concentrata sull’evoluzione del suo pensiero, che sembrava non essersi accorta che in quegli anni era in corso la prima guerra mondiale. Del resto aveva bisogno di molto poco per vivere, la povertà dilagante e il caos politico semplicemente la trasformarono in una socialista radicale, la guerra non la distoglieva dalla sua matematica, quando partecipava a discussioni manifestava senza mezze misure di essere una pacifista convinta. In quel periodo tra lei e Ernst Fischer nacque un legame professionale fortissimo, tanto forte che dopo ogni conversazione «peripatetica», Emmy era solita tornare a casa, progredire nello sviluppo delle sue teorie e focalizzare le sue conclusioni su una cartolina indirizzata a Fisher. Egli conservò varie centinaia di queste missive, inviate tra il 1911 e il 1929. Questo carteggio unilaterale all’inizio aveva convinto la famiglia di Emmy che Fischer sarebbe stato un buon partito per la sua stravagante figliola, ma si trattava solo di una perfetta intesa scientifica tra due matematici, non vi era nulla di sentimentale.
Quando Emmy nel ‘19 ottenne finalmente l’abilitazione, all’età di 37 anni poté essere assunta come Privatdozent, a titolo gratuito, ma Emmy aveva una modesta rendita familiare e poteva sopravvivere. Quello che la faceva star bene era il fatto che Hilbert annunciasse i propri corsi scrivendo esplicitamente negli avvisi che sarebbe stato coadiuvato da Dr. Emmy Noether. Forte della stima dei suoi illustri colleghi di Gottinga, Emmy si scostò dalla teoria degli invarianti e produsse una teoria astratta che fu la pietra miliare nello sviluppo della teoria degli anelli ed i loro ideali, mettendo tutto nero su bianco nel famoso articolo del 1921 intitolato «Idealtheorie in Ringbereichen»; nel 1924 pubblicò l’articolo «Abstrakter Aufbau der Idealtheorie in algebraischen Zahlkorpern»; dal ‘27 in poi, gli ultimi che trascorse in Germania, lavorò con Helmut Hasse e Richard Brauer sulle algebre non commutative. I tre scrissero assieme un fondamentale articolo, «Beweis eines Hauptsatzes in der Theorie der Algebren», che uscì nel 1932. Non paga della immensa mole di lavoro nell’insegnamento e nella ricerca, Emmy collaborò anche ad editare i «Mathematischen Annalen».
Durante quel lungo periodo la sua reputazione di matematica andò letteralmente alle stelle, assieme all’apprezzamento generale delle sue qualità umane, che indussero qualche anno dopo il grande Hermann Weyl a dire che «Emmy era calda umanamente come una pagnotta di pane appena sfornato». E come la pensava David Hilbert, che era ben noto per avere un certo fascino con le giovani studentesse e per essere in generale un estimatore delle donne? Notò senz’altro che aveva un aspetto trasandato e che portava lo stesso vestito per settimane, ma questo non gli impediva di cercare spesso la sua compagnia. In fatto di socializzazione Emmy era decisamente un’originale. Infatti una volta stabilitasi a Gottinga, aveva affittato un appartamento all’ultimo piano di un edificio al numero 57 della tranquilla Stegemuhzenweg, a poca distanza dall’università. Le stanze della casa erano scure e mal rifinite, e in inverno vi si gelava, mentre in estate erano un forno. La cucina consisteva di un fornello a gas ed un lavandino, ma il tutto le sembrava sufficiente per preparare un thé ed il suo pudding, che piaceva molto agli studenti in visita. Quindi ogni domenica, dopo una lunga passeggiata con i Noether boys, li invitata tutti al thé e serviva il suo pudding. Non era una sua prelibata ricetta: Emmy comperava una miscela già pronta, che si chiamava Oetker Pudding Mix, aggiungeva latte e zucchero e la mescolava sul suo unico fornello, servendolo poi in una varietà di tazze, una diversa dall’altra. I ragazzi però erano felici, si sentivano accuditi da quella peculiare mamma chioccia, per giunta scienziata di gran classe, che provvedeva a loro generosamente e con allegria.
Sarebbe naturale porsi la domanda «Ma cos’altro mangiava la geniale signora oltre al pudding?». Emmy Noether detestava qualunque lavoro domestico, per cui ogni sera cenava in un ristorante molto spartano vicino alla sua casa e il menù era sempre lo stesso: fagioli, crauti e patate bollite, accompagnati da pane fresco con il burro. Mangiava sempre allo stesso tavolo, sempre con questo menu, proprio come Marguerite Yourcenar che si nutriva di crema di marroni. Le modalità delle sue lezioni erano altrettanto eccentriche. Quando entrava in aula gli studenti battevano i piedi in segno di rispetto, secondo l’uso accademico tedesco. Lei cominciava dal punto in cui aveva terminato la volta precedente, presumendo che tutti se lo ricordassero. Dato che le sue dimostrazioni erano sempre fatte all’impronta e spesso da limare, i Noether boys prendevano disperatamente appunti e poi passavano ore a ricostruire il tutto, metodo didattico faticoso.
Seguirla non era facile, anche perché lei improvvisava le dimostrazioni, arrabbiandosi talmente a volte, che arrivava a lanciare il gesso sul pavimento per poi disintegrarlo rabbiosamente con il tacco della scarpa. Adorava Laplace, il grande matematico francese, lo citava continuamente. Le usanze che riguardavano il conseguimento del dottorato a Gottinga comprendevano anche un famoso rito che ad Emmy piaceva moltissimo. Nella piazza del Municipio c’è una fontana con una statua in bronzo che raffigura una giovane donna con un’oca sotto il braccio, detta la Gaenseliesel. Ogni neo dottore deve arrampicarsi sulla statua e baciare la ragazza, il che veniva richiesto da Emmy senza possibilità di diniego e quando l’impresa era compiuta, lei dirigeva il coro di Hip, hip, hurra. In quegli anni fra il 1925 e il 1931, Gottinga era davvero la Mecca della matematica, Emmy poteva parlare con visitatori illustri come Richard Courant e il russo Pavel Alexandroff; quest’ultimo in particolare fu coinvolto in una nuova serie di passeggiate matematiche.
Nina e i tre vestiti nuovi
Furono anche anni di durissimi sconvolgimenti finanziari per la Germania, dato che ci fu un’inflazione record che rendeva i già magri stipendi assolutamente inadeguati. Fortunatamente la situazione si stabilizzò nel 1923 e la eterogenea comunità universitaria di Gottinga poté dedicarsi anche ad ascoltare concerti o nuotare in piscina, cosa che Emmy fece spesso con Nina Courant, la moglie di Richard Courant, che tra l’altro le consigliò un suo sarto alla moda e finalmente Emmy si fece confezionare tre vestiti nuovi di cui andava assai fiera. Nel 1928 venne invitata a parlare al Congresso Internazionale dei Matematici a Bologna, fatto che la esaltò moltissimo e le fece dimenticare che a Gottinga non aveva una cattedra.
Un fatto importante avvenuto in quell’anno fu la sua visita in Russia all’Università di Mosca: Emmy fece del suo meglio per captare la situazione politica di quel paese che era in pieno stalinismo e parlò con vari studenti, facendosi un’idea edulcorata della loro vita. I colleghi tedeschi al suo ritorno rimasero stupiti dei suoi racconti e pensarono che non si fosse resa ben conto della realtà. Ma lei vedeva sempre il bicchiere mezzo pieno e lo vide ancor di più quando nel 1929 l’Istituto Matematico di Gottinga venne spostato in un nuovo edificio sponsorizzato dalla Fondazione Rockefeller di New York. Hilbert oramai aveva raggiunto l’età della pensione, 68 anni, e venne chiamato a sostituirlo Hermann Weyl, che rimase stupito del grande onore accademico, dato che riteneva che Emmy ne fosse piu’ meritevole di lui. Emmy non ci faceva caso, era più interessata al fatto che le donne cominciassero ad essere in maggior numero.
Nel 1932 Emmy vinse, assieme ad Emil Artin, l’Ackermann-Teubner Memorial Prize, che oltre ad essere molto prestigioso, prevedeva la somma di 500 Reichsmark. Non solo, venne invitata in quello stesso anno al Congresso Internazionale dei Matematici a Zurigo, fu una dei cosidetti plenary speakers, prima donna a ricevere questo onore. Quel particolare congresso si contraddistinse per la mondanità; è divertente notare che Emmy si preparò con coscienza all’evento, andando persino prima a fare una settimana di vacanza sulle Alpi onde arrivare in perfetta forma. Al ballo che venne organizzato per i partecipanti, le si parò davanti un cavaliere italiano molto particolare: Francesco Severi, brillante geometra algebrico che di lì a poco, nel 1939, avrebbe fondato l’Istituto Nazionale di Alta Matematica a Roma. L’antisemitismo intanto dilagava in modo drammatico; alcuni studenti di Gottinga arrivarono a protestare per dover dividere lo stesso tetto con una ebrea ed Emmy fu costretta a lasciare la sua amata mansarda, per di più alcuni suoi amici cominciarono ad evitarla.
Il risultato fu che nel 1933, quando Adolf Hitler divenne Cancelliere, venne proibito agli ebrei di lavorare nelle università: il 13 aprile del 1933 Emmy, Courant, che era Direttore dell’Istituto Matematico di Gottinga ed altri quattro professori ebrei ricevettero telegrammi che li destituivano con effetto immediato. Dovette convincersi ad accettare una posizione accademica negli Stati Uniti, all’Università femminile di Bryn Mawr in Pennsylvania e questa soluzione fu frutto di lotte e interventi da parte anche della Fondazione Rockefeller. Lì mise su una squadra di... Noether girls! I suoi studi giovanili in lingue straniere le tornarono improvvisamente molto utili e riuscì a interagire con la comunità matematica locale, soprattutto con Hermann Weyl, anch’egli vittima del nazismo, a causa della moglie ebrea, e Richard Brauer. In questa sua nuova impresa risultò agevolata da una sponsorizzazione lungimirante cofinanziata da Bryn Mawr e l’Institute for Advanced Study di Princeton.
Cominciò così una serie di pendolamenti in treno da Bryn Mawr a Princeton, in compagnia di Olga Taussky-Tood, che era a quell’epoca post-doc nello stesso college dove aveva trovato rifugio Emmy. Vennero trovati i fondi per consentire ad Emmy un prolungamento della sua posizione accademica di altri due anni, anche perché aveva fatto una visita estiva a Gottinga per vedere se la situazione poteva migliorare, ma si era convinta che era addirittura peggiorata, tanto che aveva portato via tutti i suoi mobili negli Stati Uniti. Nell’aprile del 1935 le fu diagnosticato un tumore pelvico e venne ricoverata nell’ospedale di Bryn Mawr. Emmy non disse a nessuno che andava ad operarsi e nessuno venne a sapere nell’immediato che, dopo l’operazione, cadde in coma e morì, in preda ad una febbre altissima. Aveva 53 anni, ed era ancora nel pieno della sua creatività. Olga Taussky-Todd si ritrovò tra le mani in eredità la spilla che Emmy portava sempre addosso. La reazione del mondo accademico matematico fu corale: nessuno mise in dubbio la sua opera immensa nell’organizzazione dell’algebra astratta moderna, di cui giustamente era stata proclamata la madre.
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