Claudio Crescini, medico e ginecologo bergamasco, racconta la sua missione ad Asmara dove ha portato strumentazione a Edaga Hamus, un ospedale esclusivamente materno infantile dove nascono tremila bambini all’anno e dove la percentuale dei tagli cesarei è inferiore al 10%
Pubblichiamo un lungo reportage di Claudio Crescini, vicepresidente Nazionale AOGOI ( Associazione Ostetrici Ginecologi Ospedalieri Italiani) e Presidente Rotary Romano di Lombardia appena rientrato da missione in Eritrea. Nel Paese africano ha portato all’ospedale Edaga Hamus di Asmara un ecografo di alta qualità e ha svolto un corso di formazione per gli operatori locali.
Asmara, Eritrea. Agosto/settembre 2022. Questo è il mio secondo viaggio in Eritrea per una missione di due settimane presso l’ospedale Edaga Hamus di Asmara promossa dalla Onlus Assiter (Associazione Italia-Eritrea). Una breve premessa storica generale è d’obbligo per presentare il quadro complessivo in cui operiamo.
L’Eritrea è un Paese che mantiene forti legami con l’Italia risalenti all’epoca coloniale con tutto ciò che ha comportato nel bene e nel male. Fortunatamente è storia passata e l’Eritrea è oggi un Paese indipendente. Naturalmente il lungo conflitto adesso finalmente terminato con la vicina Etiopia e le difficoltà persistenti negli equilibri tra i Paesi e le etnie del Corno d’Africa, eredità purtroppo anche del periodo coloniale, non facilitano lo sviluppo economico dell’area.
Questa mancanza di risorse economiche si ripercuote ovviamente nel campo della sanità ed in particolare nel settore materno-infantile ed in generale per quanto riguarda la salute della donna.
Ed è proprio in questo ambito che la Onlus Assiter, organizzazione italiana che per prima è intervenuta in sostegno ai bisogni medici ed assistenziali della salute delle donne eritree in sintonia con il locale Ministero della Sanità, sta da molti anni intervenendo con fondi raccolti in Italia, con l’invio di professionisti volontari, di materiale, macchinari e di strumentazione sanitaria.
Assiter è stata fondata ed è gestita e sostenuta da una grande donna Lidia Corbezzolo che ha vissuto gran parte della sua vita ad Asmara e che dedica oggi tutte le sue energie nel faticosissimo impegno per migliorare le condizioni di salute delle donne eritree.
Ed ecco che alla fine di agosto dell’anno 2022 ci troviamo all’aeroporto di Malpensa per un volo della Egyptair delle 17.50 che dopo uno scalo al Cairo ci porterà direttamente ad Asmara con arrivo alle ore 2.20. Sono due tratte di circa tre ore ciascuna con breve sosta di un’ora e mezza al Cairo per la connessione. Sembrerebbe una ottima soluzione di viaggio essendo il volo che richiede meno tempo con un costo del biglietto di 1.000 euro a carico di Assiter.
La consegna delle due enormi valige da 23 kilogrammi ciascuna contenenti il materiale sanitario è molto veloce perché inspiegabilmente i passeggeri del volo sono pochi. L’addetto al check-in è cordiale ma non può trattenersi mentre appone la fascetta di identificazione con scritto Asmara sui bagagli dall’esprimere la propria sorpresa nonché preoccupazione.
Gli sembra una meta inusuale ed anche pericolosa. Cerco di spiegare i motivi del viaggio e la reale situazione e le condizioni di vita in Eritrea sottolineando gli aspetti positivi ma risulto poco convincente. Dopo una lunga attesa compare sul tabellone delle partenze l’avviso che il volo è in ritardo di circa un’ora come purtroppo temevo, con il rischio di perdere il volo Cairo-Asmara delle ore 22.40.
L’impiegata della compagnia addetta al controllo delle carte di imbarco a Malpensa mi rassicura dicendomi che non ci saranno problemi per la coincidenza e di stare pure sereno. Come sempre e come fanno tutti gli esseri umani tendo ad accettare favorevolmente e con fiducia tutte le informazioni ottimistiche che mi rassicurano e che concordano con le mie aspettative.
Una volta imbarcati sull’aereo e pronti al decollo con un’ora di ritardo mi sento abbastanza sicuro di non perdere la coincidenza anche se di pelo.
Ma viaggiare è sempre un po’ una scommessa. L’aereo rimane sulla pista in attesa dell’autorizzazione al decollo per altri 30 minuti ed a questo punto la mia certezza sulla possibilità di salire sul Cairo-Asmara inizia ad incrinarsi. Volo molto confortevole ma l’arrivo al Cairo avviene solo due minuti prima del volo di coincidenza ed infatti appena sceso vedo sul tabellone delle partenze Cairo-Asmara Gate Closed !
Corsa al bancone dei transfer. La coincidenza è persa anche se in realtà l’aereo per Asmara rimarrà ancora un’ora sulla pista e con molti posti vuoti ma avendo chiuso l’imbarco non si può più fare nulla. Tutto questo lo verrò a sapere il giorno dopo dalla mia giovane collega Vita partita da Bari e con la quale avrei dovuto viaggiare per l’ultimo tratto Cairo-Asmara. Sono anche un po’ preoccupato perché realizzo che Vita arriverà da sola ad Asmara alle due di notte e spero che la persona incaricata di accoglierci ed accompagnarci a casa sia presente e la riconosca.
In effetti è una preoccupazione assolutamente irrazionale in quanto i voli che arrivano all’aeroporto di Asmara sono solo quatto o cinque al giorno e ben distanziati e Vita sarà l’unica passeggera con caratteristiche somatiche europee a sbarcare. Avendo io la stessa età del padre di Vera che è peraltro anch’esso un collega ginecologo mi sento molto responsabile di tutto ciò che può accaderle anche se so benissimo che Asmara è una città molto più sicura delle città italiane in termini di microcriminalità che è praticamente inesistente.
Accesso internet dell’aeroporto del Cairo non funzionante sebbene compaia free access per 30 minuti. Misteri medio-orientali.
Ma il vero spettacolo si svolgerà per alcune ore al bancone dei transfer della Egyptair. Il primo approccio è con un impiegato elegantissimo e molto distinto che tra una telefonata e l’altra al cellulare mi spiega che essendo persa la coincidenza dovremo attendere due giorni in hotel al Cairo perché il volo della compagnia su Asmara sarà dopodomani. Riesco a spiegargli che non siamo turisti in vacanza con larga disponibilità di tempo ma che ci rechiamo in un ospedale eritreo per una missione organizzata da una ONG italiana.
A questo punto l’impiegato mi chiede passaporto, green pass e tampone molecolare per Covid e mi invita ad attendere un’ora per avere ulteriori informazioni.
Naturalmente in questa zona dell’aeroporto non ci sono sedie sufficienti per tutti i viaggiatori in attesa di non si sa cosa e quindi rimango in piedi , non vi sono servizi di ristoro nemmeno automatici e quindi non si può bere nulla. Una situazione analoga in un aeroporto italiano scatenerebbe l’inferno tra proteste , telefonate, liti e probabilmente intervento della forza pubblica.
Qui al Cairo tutti tranquilli e sereni in attesa di notizie, senza potersi sedere e senza bere. Fortunatamente però ci sono i servizi igienici non veramente igienici nel senso letterale della parola ma comunque sufficienti ad assolvere alla loro funzione.
Da buon italiano ovviamente non mi fido e insisto nel chiedere informazioni e il distinto impiegato mi informa che potrebbe mettermi su un altro volo in partenza alle 2.30 ma è necessario pagare un sovrapprezzo di 30 dollari o euro. Ovviamente acconsento subito. Affare fatto! Unico problema è il tabellone delle partenze.
Non esiste nessun volo per Asmara ma solo uno per Addis Abeba in Etiopia con un’altra compagnia la Ethiopian . Comincio a realizzare che probabilmente è stata attuata un’operazione che si chiama protezione.
Se la compagnia aerea che ha venduto tutte le tratte del volo con i propri aerei a causa di un ritardo del proprio vettore fa perdere la coincidenza che aveva garantito, di solito e se possibile sposta il passeggero sul primo volo per la stessa destinazione con un’altra compagnia aerea in base ad accordi inter societari di compensazione. Ovviamente questo passaggio da Egyptair ad Ethiopian dovrebbe essere gratuito.
Dopo circa due ore di attesa in piena notte trascorse passeggiando avanti e indietro di fronte al bancone del transfer finalmente arriva un nuovo impiegato con il passaporto e due carte di imbarco , una Cairo – Addis Abeba ed una Addis Abeba -Asmara.
Praticamente sorvoleremo tutta l’Eritrea e gran parte della Etiopia per poi ritornare indietro e atterrare ad Asmara. L’impiegato è contento di aver risolto il problema ed incassa i 30 euro ovviamente senza rilasciare nessuna ricevuta. Misteri medio-orientali!
Finalmente al mattino presto si arriva ad Addis Abeba dove ero già stato per un’altra missione in Africa . Aeroporto grandissimo , pieno di bar ,ristoranti, negozi e con collegamento internet gratuito e perfettamente funzionante . Purtroppo è impossibile contattare Vita per sapere se tutto è andato bene perché in Eritrea non c’è internet ed i telefoni stranieri non funzionano. Sono le 5.30 del mattino quindi nessuno in Italia è sveglio e quindi i miei messaggi wapp rimangono inascoltati.
Comunque ottima colazione con cappuccino e brioche e poi puntualissimo volo per Asmara con arrivo alle 11.30. Sostanzialmente abbiamo perso nove ore ma tutto è bene ciò che finisce bene.
Il volo della Ethiopian (l’Eritrea non ha una propria compagnia aerea) è a bordo di un nuovissimo e gigantesco Boeing ed il viaggio risulta abbastanza confortevole nonostante la stanchezza accumulata.
Purtroppo la famosa protezione non solo è costata 30 euro finiti chissà dove ma ha anche comportato la perdita del posto con maggior spazio per le gambe che avevo acquistato con Egyptair pagando un piccolo supplemento. Quando si teme una perdita grossa ( attesa di due giorni al Cairo per il volo successivo ) le perdite ( spesa maggiore e perdita di posti comodi acquistati) che in altre occasioni susciterebbero indignazione e proteste con richiesta di risarcimento vengono minimizzate e sono accettate senza difficoltà o sofferenza.
Il volo è affollatissimo, ci sono molte donne anziane piccole di statura con volti bruciati dal sole e disegnati dalle rughe ma tutte con il tradizionale scialle bianco immacolato che ricopre testa e spalle e tutte sono riccamente ingioiellate con monili d’oro. Noto che molte di esse hanno la punta delle dita , la falange ungueale , colorata elegantemente di nero ed indossano orecchini d’oro.
Molte di loro sono a disagio nella individuazione del posto a sedere e nell’uso della cintura di sicurezza ma vengono rapidamente assistite da donne più giovani. Mi dicono che sono tutte persone anziane provenienti dai villaggi e dalle cittadine eritree che si recano in aereo ad Addis Abeba per partecipare alle feste di matrimonio dei nipoti i quali, non potendo rientrare in Eritrea perché esuli espatriati spesso illegalmente, celebrano il matrimonio in Etiopia per consentire ai parenti di partecipare.
Il volo procede regolarmente ma all’improvviso una turbolenza scuote l’aereo che perde leggermente quota e sobbalza. Un canto propiziatorio fatto da un ritmico urlo acuto si sparge nella cabina. Si tratta di acutissimo strillo prodotto credo dalla vibrazione velocissima della lingua. Mi ricorda subito il film “ la battaglia di Algeri “ di Gillo Pontecorvo quando di notte da tutta la casbah si sparge il medesimo grido sussultorio delle donne algerine. Finalmente alle 11.30 atterriamo all’aeroporto di Asmara, la mia vicina mi sorride e ringrazia Dio per l’esito positivo del volo. Io le rispondo che un po’ di merito l’hanno anche i piloti e lei ride.
All’aeroporto di Asmara i voli sono solamente quattro al giorno quindi c’è tutto il tempo per le operazioni di sbarco e ritiro bagagli.
Ovviamente non pensavo che questi tempi fossero di tre ore! Innanzitutto i passeggeri appena scesi vengono radunati e fatti accomodare su sedie allineate all’ingresso della stazione aeroportuale per poi in fila indiana accedere ad alcune postazioni dove vengono sottoposti ad un test rapido nasale per il Covid 19. Ognuno riceve un numero che gli viene scritto sul dorso della mano con una biro e che corrisponde al tampone il cui esito sarà disponibile dopo una mezzora. Naturalmente viene controllato il green pass che nel mio caso ha anche la quarta dose oltre al test molecolare che non deve essere più vecchio di 72 ore.
L’Eritrea non ha aderito a nessuna campagna vaccinale per il Covid 19 e di conseguenza nessun cittadino ha una copertura nei confronti della malattia e nel timore che l’epidemia possa essere introdotta dall’esterno i controlli nei confronti dei pochissimi viaggiatori in entrata sono severissimi. Essendo un Paese molto chiuso verso l’esterno mantiene l’uso della mascherina ed una serie di precauzioni da noi già superate.
Le procedure di controllo per la pandemia durano circa un’ora poi si passa al ritiro bagagli. E qui sorge il problema. Più di un centinaio di passeggeri si spostano verso il nastro trasportatore dei bagagli in una ressa incredibile e tra una montagna di bagagli apparentemente abbandonati . I trolley creano un ingorgo ingovernabile che paralizza ogni possibilità di movimento se non attraverso acrobatiche manovre.
Fortuna vuole che il nostro è l’unico aereo atterrato e nello spazio di alcune ore non vi sono altri arrivi altrimenti sarebbe il delirio.
I bagagli scorrono sul nastro trasportatore con il contagocce e complessivamente ci vorranno circa due ore per scaricarli tutti ma nonostante la lunga attesa ed il rischio correlato al cambio imprevisto di compagnia aerea che andassero smarriti nulla è andato perduto.
Ultimo passaggio il controllo doganale. Trasporto un ecografo del valore di undicimila euro e temo ovviamente di avere problemi. In realtà quando spiego che è un regalo per un ospedale di maternità tutto fila liscio come l’olio e mi ringraziano persino.
Ed ecco che all’uscita dell’aeroporto nel piazzale dove sono radunati tutti i parenti dei viaggiatori è presente Pietro Velardi il geometra eritreo con nazionalità italiana che avevo già conosciuto nel precedente soggiorno e che rappresenta Assiter ad Asmara ed è l’uomo senza il quale probabilmente nulla si potrebbe fare. Persona molto disponibile e di grandissima pazienza allenata in un Paese dove tutto è un po’ più lento e complicato.
Carichiamo tutto il bagaglio sulla sua automobile e ci dirigiamo nella casa dell’associazione che dista pochi chilometri dall’aeroporto. È una vecchia residenza ad un piano lasciata dalla comunità italiana che per oltre settant’anni è vissuta e cresciuta in Eritrea ed ha costruito quasi tutto ciò che si vede ad Asmara. Questa viletta è molto ben tenuta ed arredata e dispone di un piccolo giardino ed una grande terrazza sopra il tetto. Si trova in quartiere di vecchie ville abbastanza simili , in una strada dissestata dove ogni tanto transitano anche piccole mandrie di mucche.
Tutte le ville sono circondate da alti muri e cancelli in ferro anche se in realtà in Asmara la microcriminalità mi dicono essere inesistente e la polizia molto severa. Probabilmente le passate traversie politiche e la lunga guerra hanno indotto i residenti a proteggere le proprie abitazioni in modo forse esagerato.
Mi raccontano che alcuni giorni prima del mio arrivo un gruppo di giovani forse un po’ alticci per eccesso di bevande alcooliche rumoreggiava durante le ore serali in una via del centro cittadino disturbando il riposo dei residenti. Qualcuno ha chiamato la polizia che è intervenuta subito, prima bastonando energicamente gli schiamazzatori e poi una volta sedati e stesi al suolo li ha caricati in una camionetta e li ha portati via.
Nella casa affittata da Assiter sono presenti le due simpatiche e sempre allegre signore che avevo già conosciuto e che di giorno svolgono tutti i lavori di casa e preparano il pranzo e la cena. La sig.ra Mulu è addetta alla gestione della casa mentre la sig.ra Saba è la cuoca. Parlano solo tigrino ma sono operose e cordialissime. Al mattino a colazione mi fanno sempre lunghi discorsi in tigrino di cui io ovviamente non comprendo nulla ma rispondo sempre dicendo di si oppure ok!
Non sempre la gestione della cucina è così semplice come può sembrare. Per esempio in Eritrea le persone non acquistano una gallina morta e già pulita come normalmente si fa da noi.
La gallina deve essere viva e solo così viene acquistata e portata a casa dove in cucina sarà sacrificata , preparata e cotta. Nessuno compra una gallina morta perché teme che sia stata malata e deceduta per una malattia quindi pericolosa per la salute. Anche l’agnello o la pecora si acquistano vivi e poi si retribuisce una persona che li porterà a casa ed in quella sede provvederà a macellarli portando via il vello e tutto ciò che non verrà cucinato. L’acqua che esce dai rubinetti di casa non è potabile per cui la verdura deve essere lavata con prodotti a base di cloro pena problemi gastroenterici molto fastidiosi.
Nella pur confortevolissima residenza ci sono purtroppo due piccoli ma fastidiosi problemi. Il primo è il razionamento dell’elettricità per cui a volte manca la corrente elettrica nel pomeriggio e alla sera altre volte al mattino sempre in modo imprevedibile. Previdentemente abbiamo con noi torce cinesi efficientissime e ricaricabili con possibilità di illuminazione laterale per la lettura. Il secondo problema è la mancanza di acqua a cui si è sopperito costruendo un grande serbatoio che in ogni caso non garantisce la potabilità quindi per uso alimentare si deve utilizzare acqua in bottiglia proveniente dal Sudan. Tuttavia per ottenere una portata sufficiente di acqua per la doccia e per i servizi igienici si deve attivare una pompa elettrica che ovviamente non funziona in mancanza di elettricità.
In futuro il problema elettricità verrà risolto dall’arrivo di un generatore elettrico a gasolio ed a questo punto non ci saranno nemmeno problemi per la disponibilità di acqua. Per noi europei abituati da sempre ad avere una disponibilità illimitata di energia elettrica e di acqua in ogni casa la mancanza di questi due elementi rappresenta un grosso disagio ma rapidamente ci si abitua e si elaborano strategie alternative per garantirsi l’igiene personale a cui siamo da sempre abituati. Ciò che si avverte subito e ci verrà poi confermato visitando la città è la totale mancanza di manutenzione di tutto il patrimonio abitativo e infrastrutturale lasciato dalla comunità italiana oramai ridotta a poche famiglie. Tutto il centro cittadino è stato costruito durante l’occupazione coloniale italiana da architetti ed ingegneri di grande valore e da maestranze abili e tale è rimasto vittima del degrado e del logoramento causato dal trascorrere del tempo.
Appena arrivati, dopo aver fatto una breve sosta nella residenza dell’associazione, ci rechiamo subito all’ospedale Edaga Hamus situato nel centro cittadino proprio in un grande spiazzo dove ci sono le pensiline della stazione degli autobus. Questo grande spiazzo male asfaltato e disseminato di buche è sempre affollato da viaggiatori con grandi bagagli in attesa di autobus di vecchia fabbricazione e con carrozzerie erose da ruggine e dai danni riparati alla meglio provocati da vecchi incidenti stradali. Si accede all’ospedale direttamente dal piazzale degli autobus e questo è molto comodo per le pazienti che arrivano da altre località con l’autobus. Infatti Edaga Hamus è un ospedale esclusivamente materno infantile dove nascono tremila bambini all’anno e dove la percentuale dei tagli cesarei è inferiore al 10%
Le gravidanze ad alto rischio o con gravi patologie vengono trasferite nell’ospedale centrale di Asmara l’Orotta Hospital. Veniamo accolti subito dal primario dottor Kifleyesus e dalla sua equipe ed è un piacere rivedersi dopo quasi un anno.
L’ambulatorio dove si svolgerà la nostra attività è situato proprio all’ingresso a piano terra ed è stato completamente rimesso a nuovo dal nostro factotum Pietro che oltre ad accompagnarci ovunque ed a provvedere ad ogni necessità della casa ( soprattutto riparazione guasti idraulici ) ha un passato di imprenditore edile, attività oggi molto ridotta in quanto l’edilizia è gestita esclusivamente dallo Stato ed ai privati rimangono solo lavori di piccola manutenzione o ristrutturazione di interni. L’ambulatorio dispone di acqua corrente ma non con continuità ( problema che affligge tutta la città) ma è presente un bidone metallico sostenuto da un treppiede che funge da dispensatore di acqua e che avevamo fatto costruire dagli artigiani locali del famoso Caravanserraglio.
Il caravanserraglio merita una descrizione a parte per la sua originalità. Si tratta di un’area parzialmente circondata da mura e con un grande portale di ingresso costruito un secolo fa dagli italiani per accogliere le carovane di cammelli e di tutti coloro che arrivavano in città con animali da soma per il trasporto di merci. Oggi è un’area artigianale dove viene riciclato tutto quanto può essere recuperato. Molti bambini aiutano i più grandi e gli adulti a costruire oggetti ricavati da pezzi di lamiera, da vecchi macchinari dismessi e da tutto ciò che può essere in qualche modo riutilizzato. L’area non è pavimentata quindi quando piove si formano vaste pozze d’acqua e di fango che però grazie al clima asciugano rapidamente. Il tutto in un immenso e apparentemente caotico ammasso di ferri vecchi, fili , tessuti, pneumatici logori, pezzi di motori, generatori di corrente elettrica, scintille di saldatori, lamiere ondulate, tubature arrugginite, parti di vecchissimi elettrodomestici ed un rumore martellante. Ovviamente non esiste nessuna misura di sicurezza mentre il lavoro minorile è la regola.
Le ventole dei vecchi PC vengono recuperate per costruire manufatti per cuocere i cibi alimentando la brace. In alcuni ambienti oscuri le donne lavorano ad enormi macine per preparare le spezie che nella cucina Eritrea sono di larghissimo impiego quotidiano mentre altre gestiscono enormi rumorosissimi motori ricavati da camion russi che producono elettricità diffondendo ovunque i fumi della combustione del gasolio.
Uscendo dal caravanserraglio si sale lungo una strada che porta alla grande chiesa copta. Ai bordi di questa strada sono accoccolate per terra donne ed uomini avvolti in stracci e coperte mentre una torma di bimbi bellissimi ma in condizioni igieniche scadenti circondano i passanti chiedendo l’elemosina. Mi dicono che è una situazione molto limitata ed eccezionale in un Paese molto povero ma di grande dignità.
In effetti l’economia , in assenza di esportazioni e di turismo, ha una enorme carenza di valuta estera e quella poca disponibile è utilizzata per l’acquisto di armamenti e prodotti petroliferi. Essendoci pochissimo lavoro e moltissimi esuli sparsi nel mondo, la maggioranza degli eritrei vive grazie alle rimesse che arrivano dai parenti espatriati. Non essendo stata fatta nessuna vaccinazione anti Covid 19 la stretta di mano è molto limitata e quasi temuta e quasi tutti indossano ancora la mascherina. Comunque io e Kyfleyesus non possiamo trattenerci da un caloroso fraterno abbraccio.
Noi trasportiamo 6 grandi valige contenenti di tutto e di più per attrezzare un ambulatorio ginecologico finalizzato soprattutto alla esecuzione dei Pap test e delle colposcopie. Il progetto di Assiter consiste nell’organizzare un servizio di prevenzione, diagnosi e trattamento delle lesioni premaligne e maligne del collo dell’utero. L’Eritrea è uno dei Paesi con la più alta presenza di tumori del collo dell’utero perché non esiste il Pap Test e naturalmente nemmeno il costosissimo vaccino anti HPV che in occidente è ormai offerto da molti anni e gratuitamente a tutte le ragazze al compimento del dodicesimo anno di età.
Cominciamo ad aprire le valige e ad estrarre tutto il materiale sanitario necessario per allestire un ambulatorio ginecologico dove possano essere eseguite oltre alle normali visite ginecologiche anche le ecografie, i Pap test , le biopsie e tutto quanto si può fare ambulatorialmente.
Ma il pezzo forte della strumentazione è rappresentato da due apparecchi del costo ciascuno di circa undicimila euro. Il primo è un colposcopio dotato di telecamera e monitor che permette a tutti di vedere il collo dell’utero a vari ingrandimenti e con reazioni e colorazioni che consentono la diagnosi delle lesioni neoplastiche. Questo strumento è arrivato smontato dall’Italia con la DHL suddiviso in vari scatoloni conservati chiusi fino al nostro arrivo ed attende l’assemblaggio. Il colposcopio è uno strumento fondamentale nella filiera diagnostica e terapeutica per la cura della patologia del collo uterino e per la nostra campagna finalizzata a ridurre incidenza e mortalità per cervicocarcinoma.
Il secondo strumento è un modernissimo ecografo portatile di altissima qualità dotato di due sonde e di una stampante per le immagini. Questo ecografo è dotato di moltissime funzioni ed è in grado in mani esperte di indagare ogni aspetto dell’apparato genitale femminile oltre ovviamente al controllo delle gravidanze. Tutti insieme italiani ed eritrei abbiamo aperto le confezioni ed estratto ogni oggetto con grande gioia e curiosità. Mi sembrava di essere ritornato nell’infanzia il 12 di dicembre quando mi svegliavo presto al mattino per aprire i regali di Santa Lucia , tradizione bergamasca che per i bimbi è più importante del Natale.
Abbiamo quindi rinviato al mattino del giorno successivo il montaggio del colposcopio. Impresa molto complessa! Dopo una notte ristoratrice che ci ha permesso di recuperare la fatica del disagevole viaggio aereo ci siamo presentati al mattino alle ore 9 all’ambulatorio dell’Edaga Hamus dove il giorno prima avevamo aperto tutti i pacchi regalo. Ad attenderci c’erano le infermiere dell’ambulatorio , il primario ed un altro collega. Il montaggio del colposcopio si è rivelato molto complesso anche per via delle istruzioni che ricordavano quelle dei mobili Ikea. Alla fine tra prove e tentativi , montaggi e smontaggi siamo riusciti a completare il lavoro ed a rendere funzionante lo strumento. E’ rimasto solo un dettaglio relativo alla parte elettrica ma la mancanza di collegamento internet ci ha impedito di chiedere informazioni al venditore.
LA NOSTRA ATTIVITÀ COI GIOVANI MEDICI
Da allora siamo sempre stati accompagnati da due bravissimi traduttori, una ragazza Abigail ed un ragazzo Meron che avevano frequentato in passato la scuola italiana di Asmara, oggi purtroppo chiusa per sempre e che avevano una perfetta padronanza della nostra lingua.
Lunedi mattina abbiamo potuto quindi partire con l’attività colposcopica. Le donne che erano state programmate non parlavano inglese ed anche le infermiere non lo comprendevano appieno però i giovani medici presenti alle consultazioni per apprendere la metodica colposcopica avevano una buona conoscenza dell’inglese. In ogni caso abbiamo sempre avuto a disposizione i due bravi giovani traduttori.
Durante gli esami colposcopici grazie al grande monitor ci è sempre stato possibile fare anche attività didattica commentando le immagini della cervice, descrivendone tutti gli aspetti ed i significati patologici.
LA SOTTOSCRIZIONE PROMOSSA DA BERGAMONEWS
È doveroso ringraziare le persone che hanno partecipato con generose offerte alla sottoscrizione promossa dal giornale online Bergamonews per l’acquisto del colposcopio ed a cui va il nostro ringraziamento.
Successivamente è stato attivato l’elettrobisturi, strumento molto sofisticato che fornisce l’energia elettrica agli strumenti che si utilizzano per eseguire le biopsie, per rimuovere lesioni e per coagulare eventuali aree sanguinanti del collo uterino. E’ uno strumento essenziale per completare la colposcopia . Dopo qualche giorno abbiamo introdotto in ambulatorio ed attivato l’ecografo. Abbiamo quindi iniziato ad eseguire con i colleghi ginecologi eritrei anche le indagini ecografiche mettendo a punto la metodica. Le visite hanno richiesto ovviamente più tempo perché sono state anche occasione di didattica ma le pazienti hanno accolto con soddisfazione queste procedure che hanno fornito loro prestazioni a cui non avevano mai avuto accesso.
Abbiamo avuto anche la possibilità di incontrare persone di grande spessore umano con vissuti interessantissimi e unici. Per esempio suor Luigina che da 50 anni vive in Eritrea ed ha costruito una casa famiglia per raccogliere i bimbi sieropositivi abbandonati dai genitori. Questa casa non riceve finanziamenti statali ma si sostiene grazie a donazioni che provengono dall’Italia. Oppure la signora Gina anche lei ultraottantenne giunta in questo Paese da bambina e rimasta con brevi interruzioni causate dagli eventi bellici.
Oggi gestisce ancora un negozio di parrucchiera con l’insegna “ Gianni e Gina” dove lavorano ed apprendono il mestiere molte giovani eritree. Tutto è rimasto come nei lontani anni della presenza italiana. La migrazione italiana ha avuto fasi diverse , una primissima alla fine dell’800 durante la monarchia dei Savoia, una seconda che si è estesa all’Etiopia durante il fascismo e crollata per l’arrivo degli inglesi durante la seconda guerra mondiale ed una terza negli anni 50 non più di tipo coloniale e durata fino alla guerra di indipendenza eritrea contro l’Etiopia che ha costretto molti degli ultimi italiani a rientrare in patria. Un piccolo gruppo di italiani ha preferito rimanere perché troppo legato a questo Paese avendovi trascorso l’intera vita ed avendo costruito case ed imprese di grande successo.
Sembra uscito da un romanzo un anziano italiano 84 enne che gestisce ancora una grandissima officina di elettrauto e che ha formato centinaia di giovani apprendisti a questa attività. Praticamente è l’unico garage che dispone di tutti i pezzi di ricambio e della competenza tecnica necessari per riparare il parco veicoli obsoleto del Paese. La storia della sua vita è un vero romanzo di avventura ed ascoltandolo sembra di rivivere un’epoca coloniale con le velleità imperiali di una italietta fascista che pochi di noi conoscono o vogliono ricordare.
L’AZIENDA TESSILE DI PIETRO ZAMBAITI
Ad Asmara esiste oggi una sola grande azienda straniera che da lavoro a 700 persone in maggioranza donne ed è di proprietà di Pietro Zambaiti imprenditore bergamasco del tessile. Tutta l’azienda occupa una vecchia fabbrica italiana dismessa, dispone di un asilo nido per 120 bimbi figli delle dipendenti ed una scuola elementare. Avendo la fortuna di conoscere Pietro siamo spesso invitati a pranzo in azienda e possiamo disporre di una connessione internet grazie ad un collegamento satellitare. Pranzare con Pietro è un piacere perché ha una conoscenza profondissima di tutta la storia ed anche di tutte le vicende politiche del corno d’Africa.
Ascoltandolo ci si rende conto di quanto imprecisa ed eterodiretta sia l’informazione fornitaci dai media italiani sui reali avvenimenti di questa regione africana. La guerra trentennale dell’Eritrea contro l’Etiopia per l’indipendenza, la lotta interna in Etiopia contro la prevalenza della minoranza tigrina e le ingerenze delle grandi potenze che si contendono le sfere di influenza creando instabilità ed accendendo i conflitti.
È grazie a Pietro che possiamo salire sulle ali del famoso Tagliero il distributore di benzina più famoso del mondo. Si tratta di una vecchia costruzione naturalmente italiana in cui il cemento armato sfida le leggi di gravità ricordando un aereo con le ali dispiegate che si sostengono senza colonne o pilastri. Purtroppo anch’esso come tutta l’edilizia coloniale italiana nonostante sia stata riconosciuta patrimonio dell’umanità dall’Unesco giace in stato di abbandono totale privo di qualsiasi intervento di manutenzione o restauro. Un vero peccato perché come la vecchia Avana a Cuba, l’Asmara e la sue località marine affacciate su un mar Rosso incontaminato e vergine vicino a Massaua, potrebbero, se restaurate, diventare una meta turistica internazionale di grandissimo richiamo e successo. Con ricadute economiche fantastiche per tutta la popolazione.
Poiché è praticamente impossibile importare automobili per via del costo inaccessibile a quasi tutti gli Eritrei, il traffico è inesistente, i semafori sono spenti da anni e le poche automobili sono in condizioni tali che in Europa non potrebbero circolare. Per questo motivo ogni veicolo sia privato che commerciale ha la continua necessità di riparazioni e talvolta di pezzi ricambio non facili da procurarsi se non aspettando l’arrivo di un parente residente all’estero che si fa latore del materiale. I motori soprattutto arrivano agli estremi della loro vita dopo decine e decine di anni e centinaia di migliaia di chilometri su strade impegnative e piene di buche. Spettacolare è la strada costruita dagli italiani che tra le montagne collega Asmara con Massaua scendendo da 2300 metri fino al livello del mare. Una specie di strada dello Stelvio delle lunghezza di un centinaio di chilometri in un paesaggio mozzafiato lungo il quali si incontrano scimmie, cammelli, iene e volatili di ogni tipo in un Paese in cui la caccia è proibita.
I camion che trasportano merci da Massaua a Asmara affrontano una lunghissima salita , 2300 metri di dislivello, tutta tornanti ad una velocità inferiore spesso ai 20 -15 km orari. Un viaggio che richiede una giornata.
Sono vecchissimi camion Fiat tuttora preferiti perché non avendo parti funzionanti ad aria compressa ed essendo privi di elettronica sono di facile manutenzione e riparazione. È il trionfo della meccanica sull’elettronica. Ed ecco che ad Asmara abbiamo la fortuna di incontrare Renato, un italiano ottantenne, con il figlio Leonardo proprietari di una grandissima officina dove lavorano decine di ragazzi e ricostruiscono tutti i motori del Paese.
Centinaia di motori con la targhetta di identificazione sono sparsi in tutta l’officina costituita da capannoni di centinaia di metri quadri. Grandi torni, rialesatori, presse ed altri macchinari sono in funzione grazie a due giganteschi generatori che entrano in funzione ogni qual volta la fornitura di energia elettrica cessa. Vengono ricostruiti ex novo anche parti di motore i cui pezzi di ricambio non sono più disponibili od è impossibile procurarseli. Sembra proprio di toccare con mano il famoso genio italiano e l’arte di arrangiarsi. Il figlio Leonardo partecipa anche a gare automobilistiche che periodicamente si svolgono ad Asmara nelle vie della città con una vecchia Fiat super elaborata dal padre capace di raggiungere i 200 km di velocità. Vediamo allineate su di una credenza i trofei vinti nel corso degli anni.
Nei giorni successivi ci limitiamo ad assistere i colleghi eritrei ed il primario mentre utilizzano il nuovo colposcopio ed il nuovo ecografo cogliendo l’occasione per approfondire le conoscenze e migliorare la manualità delle prestazioni. Per noi italiani è sempre fonte di grandissimo stupore vedere la pazienza e la tolleranza con la quale le donne si sottopongono ad indagini ginecologiche che ovviamente si prolungano molto nel tempo essendo anche momento didattico. Situazione assolutamente impensabile in un ospedale italiano. Nessun referto viene consegnato alla paziente e tutto rimane in ospedale e quello che dice il medico è Vangelo. Un vero ritorno ad un lontano passato nel rapporto medico-paziente.
È veramente emozionante ed anche commovente ricevere accompagnato da grandi sorrisi il ringraziamento delle pazienti che si congedano salutando a mani giunte con un piccolo inchino. Una sconfinata fiducia sapendo che pur con i limiti della medicina chi si prende cura di loro fa tutto il possibile per curarli nel migliore dei modi.
Nel pomeriggio libero abbiamo potuto visitare una residenza delle suore comboniane chiamata Mai-Temenai e gestita dalla quarantacinquenne suor Lull di origine eritrea ma con una lunga permanenza in passato a Firenze. Siamo in una piccola struttura con annessa chiesetta, tutto recentemente ristrutturato con grande maestria da Pietro, il nostro accompagnatore fisso, e dai suoi operai ed artigiani. Grande lavoro di recupero del piccolo campanile campanaro pericolante e degli affreschi della chiesa dei primi del 900’. Questo gruppo di suore raccoglie e sostiene donne con il tumore della mammella che non potendo andare all’estero per avere una terapia moderna si affidano a cure tradizionali basate su erbe officinali. Oltre a queste donne vengono accolti bimbi con gravi disabilità e per questo spesso abbandonati. Al nostro arrivo è presente una bimba di 12 anni con tetraparesi spastica per encefalopatia dalla nascita. La madre è morta poco dopo il parto. Ovviamente non si hanno notizie più precise. Tutta questa assistenza si sostiene grazie alla generosità di donatori italiani, adozioni a distanza ed un poco dalla vendita di tessuti finemente ricamati dalle donne che frequentano la scuola di cucito gestita dalle suore all’interno di un vecchio container. Non posso trattenermi dall’acquisto di una splendida tovaglia ricamata a mano. Suor Lull ha una sorella che vive a Bergamo e di conseguenza potremo sicuramente reincontrarci quando verrà in Italia per farle visita.
LA CASA DI SUOR LUIGINA
È sempre durante uno di questi pomeriggi che ho l’occasione di visitare la casa di suor Luigina, un’altra suora molto speciale che avevo già incontrato una domenica nella cattedrale dove si celebra la messa in italiano. Una messa che vede la presenza di molti fedeli e di un coro di giovani che cantano accompagnati dalle note di un musicista. In Eritrea convivono pacificamente i fedeli di molti religioni , soprattutto cristiani ortodossi della chiesa Copta, mussulmani , cattolici ed altre fedi minori.
Durante l’occupazione italiana vennero costruiti in vari punti della città gli edifici di culto per ognuna delle principali religioni seguite nel Paese in modo tale che ogni comunità avesse il proprio luogo di preghiera in una pacifica e rispettosa convivenza. Così nelle prime ore del mattino si possono ascoltare in contemporanea provenienti da diversi punti della città il suono delle campane, il grido del muezzin e la preghiera cantata degli ortodossi. Crogiuolo di religioni che convivono in assoluta tranquillità.
Finalmente quindi seguiamo l’automobile di suor Giuseppina che si addentra in un quartiere di poverissime abitazioni ad un piano che si affacciano su stradine sterrate in condizioni disastrose tra buche, canali di scolo, ed una folla di bimbi che giocano. Si avvicina il capodanno della religione copta ed è tradizione acquistare una pecora viva che verrà uccisa, sezionata e cucinata. Per questo motivo le strade dei quartieri sono percorse da piccole greggi guidate da giovani pastori in attesa di che qualcuno compri una pecora. Le famiglie povere si associano per raccogliere i 200 euro necessari per l’acquisto di un animale le cui carni verranno poi suddivise.
Suor Giuseppina con altre due religiose gestisce autonomamente una casa famiglia con 16 bambini e ragazzi molti dei quali sieropositivi per HIV.
La casa si affaccia su di una strada che sembra il greto di un torrente perché durante le piogge viene inondata dal flusso di acqua che trasporta fango, rifiuti di vario genere e che rischia di invadere ed allagare i locali . Ovviamente chiedo a suor Giuseppina quali misure può mettere in atto per evitare che la casa venga invasa da questo liquame durante le grandi piogge. Sorridendo mi dice che adotta una strategia che utilizzava anche sua madre negli anni 40 in un villaggio del sud Italia dove esisteva lo stesso problema di inondazioni. E’ sufficiente gettare nel torrente una piccola immaginetta della Madonna chiedendole di portar via con se l’acqua e questo è sufficiente per salvare le case dall’inondazione. Francamente sono poco convinto dell’efficacia del metodo ma suor Luigina ne sostiene la validità. La forza della fede!
La casetta è stata acquistata anni fa da suor Giuseppina grazie ad una eredità e raccoglie in cinque camere con letti a castello i bimbi ed i ragazzi che le vengono affidati. La casa famiglia è una piccola comunità chiamata Mariam , tutti frequentano la scuola e le tre suore fungono da mamme.
Siamo ricevuti nella piccola stanza all’ingresso dove si trova un tavolo, un televisore, una credenza e due divani uno dei quali serve come letto a suor Giuseppina per la notte. Tutto molto semplice ma pulitissimo. Ovviamente non manca una piccola fotografia del vescovo locale e di Papa Francesco. Una ragazza arriva con un grande vassoio ricolmo di buonissimi popcorn e l’immancabile acqua potabile in bottiglia. Giungono anche tre ragazzi che molto educatamente salutano stringendo la mano e dicendo buongiorno perché tutti qui parlano un poco di italiano. Ci sono due bimbe una di tre anni e una di quattro che mi abbracciano e giocano con il mio iphone utilizzandolo per le fotografie ed i video meglio di quanto sappia fare io. Mi sono praticamente addosso e mi abbracciano con grande affetto e capisco che forse la figura maschile del padre ha sempre un suo richiamo. Le bimbe sono bellissime con la loro carnagione un poco scura, gli occhioni neri , le treccine tipiche delle ragazze locali e sorrisi smaglianti con dentini perfetti. Quando le lascio per andarmene sono un po’ contrariate.
Arriva la domenica ed organizziamo un pranzo a casa nostra invitando il dott Kyfleyesus , il patologo a cui sono affidati i preparati citologici dei Pap test e le biopsie, i due giovani traduttori e Pietro con la moglie che ha preparato buonissime polpette trattenendosi saggiamente nell’uso delle spezie. Ovviamente il primo piatto è pasta italiana al pomodoro inondata di formaggio grana. Il pranzo è una occasione per parlare di lavoro, della messa a punto del sistema di prevenzione e diagnosi precoce del cancro del collo dell’utero.
Per la sera abbiamo previsto una cena con la cucina tipica Eritrea in un locale all’interno dell’area dell’Expo. Ci si apre un mondo nuovo sulla vita del Paese. A poche centinaia di metri dalla nostra residenza si trova un grande parco che prima della pandemia accoglieva in agosto l’Expo con locali, stand dei Paesi vicini e tutto quanto serve per questo tipo di manifestazioni internazionali . Attualmente vi funzionano solo tre o quattro grandi ristoranti ed una discoteca. L’area è vastissima ma completamente immersa nell’oscurità e durante la nostra visita è mezza allagata in seguito ad un fortissimo temporale pomeridiano. Ci sono molte persone ed anche un discreto numero di automobili i cui proprietari devono assolutamente rientrare a casa entro le 23 pena sequestro dell’auto e pesante ammenda. È il coprifuoco. Chi vuole trattenersi oltre le 23 deve utilizzare un taxi oppure la bicicletta o andare a piedi!
Il ristorante che abbiamo scelto prepara il piatto tipico locale che consiste in un grande vassoio posto al centro della tavola a cui ognuno accede con le mani per avere la propria porzione. Sono bocconi di carne un po’ piccanti per le nostre abitudini ma la cucina eritrea è molto ricca di spezie.
Dopo cena visita alla discoteca dove immersi in una musica assordante ballano centinaia di giovani non molto dissimili nell’abbigliamento e nei comportamenti dai coetanei di tutto il mondo. Avevo già osservato che anche qui sebbene il Paese sia piuttosto chiuso verso l’esterno molte ragazze indossano i jeans strappati come è di moda da noi. Dedichiamo una mattina alla visita di un piccolo presidio ospedaliero periferico l’ospedale di comunità di Godaif. In realtà è un servizio ambulatoriale dove vengono seguite le donne in gravidanza, è attivo un ambulatorio oculistico e si esercita la medicina di base. Sostanzialmente si tratta di un servizio sanitario di base territoriale che garantisce le cure di base ad una ampia popolazione della periferia di Asmara. Il complesso è costituito da alcuni edifici ad un piano circondati da terreno incolto dove vediamo alcuni bambini che pascolano un piccolo gregge di pecore. Incontriamo subito un giovane medico Abraham Dawit responsabile della struttura.
È molto appassionato del suo lavoro ed in un ottimo inglese ci racconta tutto quanto viene fatto in questa struttura e quali sono le prospettive future. Ne ricaviamo subito una impressione molto positiva, quella di un giovane medico che nonostante le grandissime difficoltà in cui si trova ad agire non ha perso la speranza e la voglia di migliorare. Veramente una bella persona! Il primo problema da risolvere è quello solito della incostante fornitura di energia elettrica che i pochi pannelli solari disponibili non riescono a supplire.
Ci accompagna nel grande e ben organizzato ambulatorio per il controllo delle gravidanze e in un secondo ambiente dove vengono eseguite le ecografie ostetriche con un ecografo abbastanza moderno. Si respira un’aria molto distesa e serena dove lavora un personale sanitario molto giovane e molto motivato. Sarebbero molto interessati a sviluppare la parte ginecologica oltre a quella ostetrica che già viene realizzata e per fare questo sarebbe molto utile una nostra collaborazione in termini di fornitura di strumentazione e di progetti formativi.
Sarà un tema che affronteremo nel pomeriggio con il viceministro della sanità dott Andat. Infatti dopo una serie di appuntamenti rinviati riusciamo infine ad essere ricevuti dal viceministro al quale riferiamo dell’attività realizzata in queste due settimane ad Asmara e della nostra disponibilità a proseguire in base alle iniziative che il ministero intende promuovere. Anche il nostro interesse ad aprire una collaborazione con la struttura sanitaria di base di Godaif è accolta con entusiasmo dal viceministro che inoltre ci informa che da novembre verrà introdotta in Eritrea la vaccinazione per il papillomavirus per le ragazze dai nove ai quattordici anni.
A CENA CON L’AMBASCIATORE
La nostra permanenza in Eritrea si conclude con una splendida cena nella storica residenza dell’ambasciatore italiano dott. Marco Mancini. È veramente un gesto di grandissima gentilezza essere invitati nella casa dell’ambasciatore dove è presente anche la moglie, il console e la consorte ed ovviamente l’imprenditore bergamasco proprietario dell’unica azienda tessile del Paese. Naturalmente alla tavola sono presenti anche il nostro Pietro con la moglie. Una cena estremamente familiare, molto amichevole, informale e rilassante innaffiata da un buon vino italiano con l’immancabile pasta italiana alla “calamarata”.
Al termine non può mancare un bicchierino di grappa di qualità! L’ambasciata italiana è la rappresentanza diplomatica più importante in Eritrea ed il consolato cura gli interessi amministrativi di altri dieci Paesi europei con un enorme lavoro soprattutto per gestire le richieste di visti di accesso nei paesi Europei e soprattutto nel nostro Paese che rimane comunque il più amato anche se è un amore non del tutto corrisposto.
Il viaggio di rientro prevede purtroppo la partenza dall’aeroporto di Asmara dove ci si deve presentare quattro ore prima della partenza anche se il traffico aereo è insignificante , praticamente ci sono cinque o sei voli al giorno. Non si sa per quale motivo ma sulla tratta Asmara-Cairo ci viene regalato l’upgrade sulla business class che in effetti è molto confortevole cosi ci addormentiamo alla partenza e ci svegliamo dopo quasi tre ore all’arrivo. Missione compiuta! Speriamo sia solo un arrivederci perché sarebbe un vero peccato non rivedere tutte le persone di grande valore che abbiamo avuto il privilegio di incontrare.
Adesso è molto importante sostenere economicamente soprattutto con il 5 X mille la nostra associazione ASSITER e la signora Lidia Corbezzolo per poter realizzare i grandi progetti che uniscono il popolo italiano a quello eritreo, promuovono la pace e migliorano le condizioni di vita di migliaia di persone.
Claudio Crescini Vicepresidente Nazionale AOGOI ( Associazione Ostetrici Ginecologi Ospedalieri Italiani ) Presidente Rotary Romano di Lombardia ( BG )
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