Buongiorno. La morte della regina Elisabetta «priva la Gran Bretagna di un filo che teneva intrecciata la nazione e la legava al suo passato», ha scritto l’Economist . Lo spazio di questa newsletter è davvero troppo risicato per raccontare il peso avuto dalla donna più famosa al mondo, la «sovrana che ha regnato su due secoli» , morta ieri sera, a 96 anni — oltre 70 dei quali da monarca — nell’amato castello scozzese di Balmoral. Ci limitiamo a prendere qualche riga dalla montagna di ricordi, commenti e approfondimenti che trovate sul Corriere di oggi e su Corriere.it. Ha regnato su due secoli: e ha impresso il suo sigillo su entrambi. Ascesa al trono di un impero declinante, lo ha accompagnato lungo il suo tramonto: e il suo arco da sovrana si è chiuso con gli echi della Brexit, che sembrano prefigurare la dissoluzione dello stesso Regno Unito, e i bagliori della guerra in Europa. Sopravvivrà la monarchia, e con essa la Gran Bretagna, a Elisabetta? È la domanda che tutti, in queste ore e giorni, finiranno per porsi . (Luigi Ippolito) Elisabetta II è sempre rimasta fedele a se stessa, al punto da sembrare, talvolta, anacronistica. Ma l’affetto che si percepisce in queste ore dimostra che non è necessario essere sempre di moda per guadagnarsi stima e simpatia. Governanti e politici — non solo in Gran Bretagna — dovrebbero tenerlo bene a mente . (Beppe Severgnini) Ha incarnato al meglio vizi e virtù del popolo britannico: una certa distanza al limite del rigore, ma anche compassione, eleganza, senso del dovere e del lavoro ben fatto. Ha vissuto al tempo della fine dell’Impero e del declino della potenza inglese; ma oggi Londra è la città più cosmopolita e meno razzista del mondo . (Aldo Cazzullo) Elisabetta II non era semplicemente rispettata, bensì profondamente amata. Rispettata per le sue virtù, dignità, senso del dovere, integrità e fedeltà, di cui era l’incarnazione. E amata per l’amore e l’affetto che dimostrava a noi tutti. E ben oltre le nostre sponde, per tanti popoli in tante terre in ogni continente, in metropoli, città e persino nei villaggi più remoti, la regina Elisabetta era conosciuta e circondata dalla massima considerazione. Quando ci si riferiva alla regina, questo bastava, non serviva aggiungere il nome Elisabetta. Non era necessario . (Tony Blair) Ora, dopo dieci giorni di lutto nazionale in attesa dei funerali, toccherà a re Carlo III , il sovrano inglese più anziano di sempre al momento della salita al trono (73 anni). Luigi Ippolito, provando a decifrare che tipo di monarca potrà essere, ricorda che «diversi commentatori hanno osservato che il suo sarà per necessità di natura un regno breve, di transizione: “un sorbetto fra due portate principali, giusto per pulirsi il palato”, è stato detto. E dunque garantire il futuro della monarchia spetterà a William e Kate e alla loro bellissima famiglia: sperando che nel frattempo re Carlo non faccia troppi danni». Il rialzo dei tassi La morte della regina Elisabetta mette inevitabilmente in secondo piano le altre notizie della giornata. Tra le quali ce n’è però una con la quale dovremo tutti fare (alla lettera) i conti: per «spegnere» la fiammata inflazionistica, la Banca centrale europea ha deciso di rialzare i tassi di interesse dello 0,75%, il più alto rialzo singolo della sua storia (che si aggiunge al +0,50 di luglio: qui qualche esempio su cosa cambia per i mutui ). Federico Fubini segnala una reazione tutt’altro che confortante alla mossa di Francoforte: L’euro, invece di riprendersi perché la remunerazione del denaro in Europa cresce e diventa più attraente, è bruscamente scivolato sul dollaro (tornando sotto la parità): l’effetto opposto di quello che sarebbe stato lecito aspettarsi se la decisione di questo pomeriggio a Francoforte fosse stata del tutto convincente . Segno, a suo avviso, che la Bce non vede una recessione in arrivo, ma i mercati sì . Del resto, però, quella che ha di fronte la presidente Christine Lagarde è una «scelta difficilissima»: Poiché la Banca centrale ha l’obiettivo predominante di contenere l’inflazione, in questo momento ha scelto di rischiare seriamente una recessione in Europa pur di avvicinare nel tempo il risultato: purché la dinamica dei prezzi rallenti relativamente in fretta, la Bce è disposta ad assecondare un brusco passo indietro dell’attività. In altri termini, la Bce tira il freno mentre la guerra economica con Vladimir Putin sul gas e la guerra combattuta in Ucraina zavorrano già potentemente l’economia europea . Il sondaggio di Pagnoncelli Siamo ormai alla vigilia del «silenzio demoscopico» previsto per legge nei quindici giorni antecedenti la data delle elezioni. Ma il fatto di essere l’ultima pubblicabile, non è l’unico motivo di interesse della rilevazione di Nando Pagnoncelli e dell’Ipsos sulle intenzioni di voto degli italiani . I cambiamenti ci sono e tutt’altro che trascurabili: «Le variazioni principali riguardano l’aumento di FdI, del M5S e del Terzo polo (Azione e Italia viva) e la flessione del Pd e della Lega. Il partito guidato da Giorgia Meloni consolida il primato con il 25,1% delle preferenze, facendo registrare una crescita di 1,1% rispetto a fine agosto e di ben 5,1% rispetto a fine giugno. Il Pd con il 20,5% si conferma al secondo posto della graduatoria, ma perde il 2,5% dei consensi; a seguire il M5S che si attesta al 14,5% (+1,1% rispetto a fine agosto) e precede la Lega (12,5% , in calo di 0,9%), quindi Forza Italia, stabile all’8% e il Terzo polo con il 6,7% (in crescita di 1,7%). Tra le altre forze politiche, ad oggi supererebbero la soglia di sbarramento del 3% solamente l’alleanza Verdi, Sinistra e Reti civiche (3,4%) e Italexit (3%). (...) Nel complesso, quindi, nell’attuale scenario quadripolare il centrodestra aumenta il vantaggio sul centrosinistra che oggi risulta di quasi 20 punti (46,6% a 27,2%) ». Pagnoncelli offre anche un’interessante analisi degli «spostamenti» nelle preferenze elettorali: «L’analisi dei flussi elettorali rispetto al voto delle europee del 2019 mostra che il consenso per FdI proviene in larga misura dalla Lega (non a caso FdI ha nettamente sorpassato il partito di Salvini nelle regioni settentrionali) e da Forza Italia , a cui si aggiunge una quota non trascurabile di elettori che si erano astenuti. Il Pd nelle ultime settimane è apparso in difficoltà, penalizzato dalla crescita del M5S e del Terzo polo e dal rischio di una limitata mobilitazione di una parte del proprio elettorato rassegnato alla sconfitta. L’aumento del M5S rappresenta una sorpresa , tenuto conto del trend negativo degli ultimi mesi: il posizionamento adottato (progressista), la scelta dei temi (difesa del reddito di cittadinanza, salario minimo e ambiente) e il profilo di Conte («avvocato del popolo») fanno breccia in una parte dell’elettorato di sinistra e degli astensionisti, soprattutto nelle regioni meridionali e insulari . Il Terzo polo attrae elettori in misura simile dal Pd, dal centrodestra (gli «orfani» del governo Draghi) e dall’astensione (rappresenta una novità). La Lega appare in sofferenza, alle prese con una doppia competizione: con gli avversari del centrosinistra e con la principale forza alleata che le ha sottratto voti ed esprime posizioni diverse su alcuni temi strategici (contesto internazionale, fisco, scostamento di bilancio)». In tutto ciò, Massimo Franco vede le «premesse di convulsioni dei e nei partiti , in atto da tempo. E destinate a continuare, e forse ad accelerarsi dopo il 25 settembre. Si tratta di una precarietà che inizialmente potrebbe favorire il prossimo esecutivo. Ma nel medio periodo lascia prevedere nuovi smottamenti ». La guerra in Ucraina Mattia Sorbi , giornalista freelance milanese 43enne, scomparso nei giorni scorsi in Ucraina, è riapparso ieri in un video trasmesso dai media di Mosca, in cui giace su un letto, a torso nudo con una cannula nasale. Sorbi, occhi socchiusi, dice il suo nome e le testate per cui collabora: «Radio 24, Rai 1, Repubblica». Poi in italiano: «Abbiamo preso un taxi e siamo andati a Oleksandrivka, ci avevano detto che era sicura». Indica verso le gambe: «Mina». «L’auto — scrive l’inviata a Kiev Viviana Mazza — sarebbe saltata su una mina, l’autista ucraino sarebbe rimasto ucciso mentre il reporter, ferito ad una gamba, è stato portato all’ospedale a Kherson , città sotto controllo russo in una regione che le forze ucraine stanno tentando di riconquistare». La Farnesina ha confermato di essere in contatto costante con il giornalista: «è curato, abbiamo notizie positive sullo stato di salute, ha poca copertura per comunicare ma dispone di un contatto libero. Stiamo lavorando per farlo rientrare, in sicurezza, in Italia appena possibile». Il suo caso è già diventato parte della guerra dell’informazione fra Kiev e Mosca che si rimpallano le responsabilità per l’accaduto. Ma, visti i recenti attacchi dei vertici russi all’Italia, c’è anche il timore che Sorbi venga considerato da Mosca una sorta di prigioniero di guerra , da usare come pedina di scambio in una trattativa. La «battaglia del gas» Gli Stati dell’Ue non riescono a trovare un accordo su un tetto al prezzo del gas nonostante le parole dei giorni scorsi della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, sulla necessità di un cap sul metano proveniente dalla Russia. Oggi i 27 ministri dell’Energia non lo chiederanno perché non c’è una maggioranza sufficiente a favore e la questione sarà rimandata ai capi di Stato e di governo, ormai in ottobre. In Italia, intanto, il governo si ritrova un tesoretto da 6,2 miliardi che userà per il prossimo decreto Aiuti-ter. Quel che non si riesce ancora ad ottenere in termini di gettito tassando gli extra-profitti delle società energetiche arriva dalla super-inflazione alimentata dai costi del gas. Se da un lato l’andamento dei prezzi di metano e greggio sul mercato mette in difficoltà imprese e famiglie travolte dal caro-bollette dall’altro questa dinamica trascina al rialzo i proventi per l’erario perché finisce per beneficiarne il gettito Iva e di altre imposte indirette che restituiscono un’aspettativa migliore sulle entrate tributarie nei mesi di luglio e agosto. Ieri in Consiglio dei ministri il titolare del Tesoro, Daniele Franco , ha illustrato ai colleghi la relazione — appena trasmessa al Parlamento chiamato ad esprimersi per approvarla tra martedì e giovedì della prossima settimana — che aggiorna gli obiettivi programmatici di finanza pubblica. L’intervento per ristorare chi è in difficoltà per i prezzi insostenibili dell’elettricità avrà, registrano fonti, una dimensione di circa 12-13 miliardi . Ma il nodo è ora sui tempi . Il prossimo Consiglio dei ministri sarebbe possibile «calendarizzarlo» giovedì 15 settembre ma è necessaria una preliminare approvazione della relazione da parte del Parlamento, il cui voto — atteso tra martedì e giovedì tra Camera e Senato — finisce per essere troppo a ridosso rischiando di provocare un ulteriore slittamento degli interventi. «Il governo fa quello che può per accelerare l’iter, ora è tutto nelle mani del Parlamento », ha fatto sapere ieri Palazzo Chigi. Da vedere e ascoltare Oggi, alla Triennale di Milano, parte la prima giornata del Tempo delle Donne, la festa-festival del Corriere della Sera che da nove anni indaga e apre orizzonti nuovi per la costruzione di un futuro sostenibile con i suoi incontri, le performance, le interviste e le inchieste live. La parola chiave di questa edizione è «impatto». L’ingresso è gratuito. Alcuni eventi saranno anche in streaming sul sito www.corriere.it. E sempre oggi, dalle 21, sul palco del Teatro dell’Arte, la serata «Il nostro imPATTO», con ospiti dello spettacolo e della musica: Andrea Delogu, Francesca Michielin, Virginia Raffaele, Chadia Rodriguez e Jacopo Tissi. Più sotto trovate un testo di Maurizio Ferrera e Barbara Stefanelli su lavoro e relazioni. Sempre oggi, e sempre a Milano, nel Parco della Biblioteca degli Alberi, torna Fuoricinema . Vi dice tutto Paolo Baldini, più sotto. Come dimostra il sondaggio di Pagnoncelli citato sopra, Giorgia Meloni si conferma la leader con maggiori possibilità di diventare presidente del Consiglio. E sarebbe la prima della storia d’Italia. Nell’episodio di oggi del podcast Corriere Daily (che potete ascoltare qui), Monica Guerzoni spiega perché la cosa potrebbe crearle molte difficoltà su temi come la difesa della famiglia tradizionale e i diritti civili. Nel frattempo, però, l’ascesa della presidente di Fratelli d’Italia sta mettendo in difficoltà il centrosinistra sulla questione della rappresentatività di genere. Grazie per aver letto Prima ora e buon venerdì Qui sotto trovate alcuni approfondimenti (Questa newsletter è stata chiusa all’1.30. In sottofondo , Come una volta, di Gabriele Mirabassi, Battista Lena, Gianni Coscia e Enzo Pietropaoli ) Siamo la Redazione Digital , se vi va scriveteci, leggiamo tutte le mail, anche quando non rispondiamo: gmercuri@rcs.it, langelini@rcs.it, etebano@rcs.it, atrocino@rcs.it
Elisabetta II non è stata soltanto la monarca del Regno Unito: è stata la regina di tutti noi, la sovrana per antonomasia . È in arrivo, inevitabilmente, un diluvio di dispiacere, nostalgia e retorica: quella piccola, grande donna ha accompagnato la vita di quattro generazioni, e ognuno elabora il lutto a modo suo. Occorre essere cauti, tuttavia. Un regno lungo settant’anni è talmente portentoso da sconsigliare riassunti frettolosi. La storia non si legge con gli occhi lucidi. Ma anche con gli occhi lucidi, e il cuore pesante, è possibile cercare di capire cosa ci lascia in eredità . Per prima cosa, una lezione di coerenza . Elisabetta II è sempre rimasta fedele a se stessa, al punto da sembrare, talvolta, anacronistica. Ma l’affetto che si percepisce in queste ore dimostra che non è necessario essere sempre di moda per guadagnarsi stima e simpatia. Governanti e politici — non solo in Gran Bretagna — dovrebbero tenerlo bene a mente. La seconda lezione riguarda la fatica legata al mestiere e al senso dell’istituzione . Elisabetta ha sempre mostrato un incredibile senso del dovere. Era convinta che i privilegi della monarchia dovessero essere ripagati con il lavoro quotidiano. Certo, anche il taglio di un nastro. Incontrare la sovrana, per i sudditi, era un evento memorabile. Ha cercato di farlo capire agli altri membri della famiglia reale: non sempre con successo, bisogna dire. La terza lezione è politica . La regina era un capo di Stato e aveva anche questo ruolo, come sappiamo. Da molto tempo, Elisabetta conosceva il mondo più e meglio dei dignitari che riceveva. E aveva le idee chiare anche sul Regno Unito. Ma ha sempre tenuto per sé le proprie opinioni. Una neutralità che, da Brexit in poi, deve esserle costata qualche sforzo. La quarta lezione è di stile e di eleganza . «Nessuno è per sempre», ha detto la sovrana, sempre efficace nelle sintesi. La sua uscita di scena è stata impeccabile. Aveva promesso di servire per tutta la vita: e così ha fatto, sebbene molti, periodicamente, cianciassero di dimissioni. Due giorni fa è perfino riuscita — con strazio, come dimostrano le immagini — a ricevere Liz Truss per conferirle l’incarico. Una grande, silenziosa prova di stoicismo. La virtù che i britannici apprezzano di più. La quinta lezione è di riservatezza . Pensate ai film, alle serie televisive e ai libri che l’hanno vista protagonista. Ma chi può dire davvero di conoscerla al di là del marito e dei figli? Elisabetta ha incoraggiato la nazione in tanti passaggi difficili — la fine dell’impero, il terrorismo, la pandemia — ma non ha mai espresso le proprie opinioni in maniera chiara. Non era furbizia: era rispetto del ruoli. I sudditi lo capivano e le erano grati. Brenda, la chiamavano: una di famiglia. (Qui il seguito dell’articolo)
La sua morte è stata annunciata con un tweet: il modo di comunicare di un tempo, il nostro, in cui il passato non esiste, e l’altro ieri vale come mille anni fa. Eppure il fascino di Elisabetta era proprio nell’essere un personaggio — forse l’ultimo — che ci dava il collegamento con un mondo scomparso . Con la storia. (...) Ha incarnato al meglio vizi e virtù del popolo britannico : una certa distanza al limite del rigore, ma anche compassione, eleganza, senso del dovere e del lavoro ben fatto. Ha vissuto al tempo della fine dell’Impero e del declino della potenza inglese; ma oggi Londra è la città più cosmopolita e meno razzista del mondo. (...) Non è vero che la monarchia muore con lei. Ai britannici un monarca serve . Serve una figura neutra che temperi la nettezza ai limiti della brutalità di un sistema bipartitico, dove chi ha un voto in più prende quasi tutto. E serve una figura che tenga insieme popoli diversi: inglesi, gallesi, scozzesi, irlandesi, e i milioni di figli del Commonwealth. Certo, un monarca come lei è insostituibile . Da qui il senso di vuoto, il momento di terrore che ieri ha percorso Londra e tutto il Regno Unito. La regina Elisabetta era entrata da tempo nella fase in cui la vita toglie più di quel che dà. È un processo che avanza per gradi, diversi ovviamente a seconda delle biografie: ti accorgi di non essere immortale; cade quel diaframma tra te e la morte che sono i tuoi genitori; cominci a perdere i compagni della tua esistenza, nel suo caso il marito, Filippo; fino a quando ti rendi conto che i sommersi sono più dei salvati, e arriva — per i fortunati, come lei — il momento in cui puoi dire: il più vecchio sei tu. La morte è arrivata lenta, ma inesorabile. Ma Elisabetta esce di scena con il passo non dell’attualità, bensì della storia . Anche di lei, come dei sacerdoti, si potrà dire che sarà regina in eterno . (Qui l’articolo completo)
Mario Draghi e il suo governo hanno fatto e continueranno a fare «tutto il possibile» per portare avanti le riforme e per far arrivare al più presto sostegni e ristori nelle tasche dei cittadini e nelle casse delle aziende in difficoltà. Ma adesso, con il secondo decreto Aiuti bloccato al Senato e il terzo che rischia di impantanarsi ancor prima del via libera del governo, fonti della presidenza del Consiglio allontanano anche la più piccola, possibile ombra da Palazzo Chigi: «Ora è tutto nelle mani del Parlamento». Dietro la gelida formula c’è l’ira di Draghi verso le pretese elettorali dei partiti . In Consiglio dei ministri il monito del premier è stato a dir poco severo. «Gli emendamenti ai decreti in fase di conversione non possono e non devono essere al servizio di interessi di parte », è stato in sostanza il richiamo dell’ex presidente della Bce. Se ha raccomandato ai ministri di «fare attenzione» è perché è preoccupato (e molto) per le forme di ostruzionismo «che rischiano di rallentare l’arrivo delle risorse alle famiglie e alle imprese», gravate dagli aumenti insostenibili delle bollette energetiche. Draghi non cerca la polemica, anzi la rifugge, ma i ministri che hanno partecipato alla riunione delle 15 a Palazzo Chigi non hanno dubbi: il richiamo era rivolto al M5S , accusato dagli avversari politici di aver bloccato a Palazzo Madama il decreto Aiuti bis in nome del Superbonus edilizio 110% . In particolare, la seccata ramanzina di Draghi aveva al centro un emendamento dei 5 Stelle che, se approvato, farebbe cadere la retroattività del divieto di modificare per via unilaterale i contratti per le forniture energetiche, divieto stabilito dal governo nel dl Aiuti bis: quindi i «soggetti di parte» che potrebbero essere favoriti sono le grandi imprese dell’energia elettrica. Ai sospetti e alle accuse di quanti gli rimproverano di bloccare i soldi che gli italiani aspettano, Conte ha risposto con rabbia che «è una falsità vergognosa» perché il decreto è già in Gazzetta ufficiale. Vero, ma il timore di Draghi e di diversi ministri è che non si riesca a convertirli in Parlamento entro il 25 settembre , con l’infausto esito di far decadere i decreti Aiuti. (Il retroscena completo sul Corriere di oggi )
L’allarme lanciato dalla Lega sul «bavaglio e le menzogne» alle quali sarebbe sottoposta in questa campagna elettorale esprime, come minimo, la sensazione di un accerchiamento . A evocarlo sono alcune scelte del suo leader , Matteo Salvini, a cominciare dalle posizioni, considerate filo-putiniane, in politica estera. Ma è acuita dal fatto che incrocia la competizione per il primato nel centrodestra. Il timore è che il calo del partito registrato dai sondaggi sia destinato a crescere ; e che questo intensificherà gli attacchi contro il Carroccio, anche dall’interno del suo stesso schieramento. Preoccupa la prospettiva di ritrovarsi partner minore del centrodestra, sempre più a trazione Giorgia Meloni. Significherebbe avere margini ridotti di trattativa sui ministeri. E magari dovere prendere atto che il Nord non è più un feudo leghista . Se davvero sono queste le dinamiche, tra due settimane il vertice potrebbe trovarsi di fronte a una doppia incognita : vedere sfumare un ritorno al Viminale di Salvini, dopo averlo occupato dal 2018 all’agosto del 2019; e affrontare un Carroccio insoddisfatto dal risultato. La nomenklatura della Lega continua a sostenere di puntare al primato nel centrodestra. E i sindaci del partito sono stati invitati a girare spot in cui dicono «credo in Salvini», rilanciando, adattato, lo spot del leader. Ma è un’operazione in salita. Basta registrare la sufficienza con la quale uno degli uomini più vicini a Meloni, il vicepresidente del Senato, Ignazio La Russa , concede al capo della Lega di potere occupare qualunque ministero, «tranne che fare il presidente del Consiglio, perché lì vedo meglio Giorgia»: una precisazione che dà per scontate le nuove gerarchie. Sono tensioni fisiologiche, in un’alleanza che si vede in netto vantaggio ma almeno formalmente non ha ancora risolto il problema della leadership. D’altronde, le difficoltà che Salvini mostra di soffrire , evocando una sorta di complotto antileghista, sono speculari a quella del Pd . Il partito di Enrico Letta non addita complotti ma si ritrova attaccato un po’ da tutti : a cominciare dagli ex alleati Carlo Calenda, di Azione, da Matteo Renzi e dal grillino Giuseppe Conte. E nelle stesse file del Pd serpeggia un malumore crescente per l’andamento della campagna elettorale. Perfino tra quanti lo avevano spinto a accettare la segreteria in un momento di crisi acuta, nel marzo del 2021, adesso aleggia la voglia di trovare in Letta il capro espiatorio in caso di un’eventuale sconfitta ; comunque per non essere riuscito a far quadrare le alleanze con Calenda e con i Cinque Stelle. Sono premesse di convulsioni dei e nei partiti, in atto da tempo. E destinate a continuare, e forse ad accelerarsi dopo il 25 settembre. Si tratta di una precarietà che inizialmente potrebbe favorire il prossimo esecutivo. Ma nel medio periodo lascia prevedere nuovi smottamenti .
L’America è alle prese con due «code lunghe» del Covid-19: quella del periodico riaccendersi di focolai, per ora limitati, viene contrastata coi nuovi vaccini tarati sulle varianti del virus. L’altra, della quale si parla meno, riguarda l’epidemia finanziaria e di criminalità economica e digitale innescata dalla gigantesca mole di sussidi erogati per contrastare gli effetti recessivi della pandemia. In due anni e mezzo governo federale e Stati hanno trasferito alle famiglie e alle imprese oltre cinquemila miliardi di dollari di aiuti: due volte e mezzo il Pil dell’Italia. Recessione evitata e inflazione alle stelle, anche a causa della crisi energetica. Ma sono esplose anche le frodi: di recente i servizi segreti Usa hanno annunciato di aver scoperto truffe per 286 milioni di dollari di imprese non aventi diritto o addirittura inesistenti . È solo una goccia nel mare: sulla base di indagini a campione si stima che almeno 87 miliardi dei 390 ricevuti dalle piccole imprese (cioè più del 20%) siano fraudolenti . E le cose vanno anche peggio con gli altri fondi: secondo gli analisti, dei 900 miliardi andati ai disoccupati, fino a 400 potrebbero essere diventati il bottino di truffatori . Basti pensare che da marzo a dicembre 2020 il governo ha ricevuto richieste di sussidi in numero pari ai due terzi della forza lavoro Usa, mentre la disoccupazione non ha mai superato il 23%. Agendo in fretta, il governo sapeva che ci sarebbero stati abusi, ma immaginava fenomeni limitati. Invece la task force creata un anno fa da Biden per fare luce sulla più vasta frode della storia americana ha preso atto che il fenomeno è sterminato, richiederà anni di indagini e si potrà fare ben poco per recuperare i miliardi (decine, forse centinaia) trafugati da mafia russa, hacker cinesi, bande di truffatori nigeriani che hanno messo a frutto anni di furti di dati di cittadini americani per ottenere sussidi usando identità rubate. Un gioco da ragazzi frodare quello che dovrebbe essere il governo più tecnologico del mondo quando non devi presentarti fisicamente a uno sportello e tutto avviene online, in modo automatico, senza controlli umani. Un caso che dovrebbe far riflettere anche chi vuole estendere i sistemi di assistenziali in Italia rendendoli sempre più automatici per velocizzare le procedure ed evitare interventi discrezionali.
Dopo 67 presidenti del Consiglio uomini, l’Italia potrebbe avere una donna premier . Come ha detto Hillary Clinton, in un’intervista al Corriere , sarebbe «una rottura con il passato» e in questo senso «una buona cosa» perché apre spazi alle aspirazioni al femminile , se è vero che quasi tutti e tutte sogniamo quello che vediamo. Poi, ha aggiunto, saranno i fatti a dirci della qualità della sua eventuale leadership. Regola che vale — come è logico ma non scontato — per qualunque governo. Il surplus di critiche a Sanna Marin , premier finlandese, per un video rubato che la mostrava danzante a una festa privata, ha rivelato quanto una giovane donna metta alla prova la nostra idea di chi/cosa sia adatto a incarnare ed esercitare il potere così come lo abbiamo conosciuto per secoli. In attesa di vedere chi uscirà vincitore o vincitrice dalle urne — e in attesa, soprattutto, dei fatti — c’è un punto di cui dobbiamo discutere a fondo. La parità è una priorità irrinunciabile per la politica tutta , lo ha scritto Paola Profeta illustrando mercoledì scorso, nelle pagine della Cultura, i profondi divari che ancora segnano il mercato del lavoro in Italia . È da almeno quindici anni che aspettiamo una «scossa» capace di avere un impatto positivo e strutturale. Quello che abbiamo registrato sinora è invece l’impatto negativo che ogni crisi (la pandemia, la guerra, la frenata dell’economia) scarica, come una frustata, sulle chance di occupazione e di partecipazione delle donne. Per questo abbiamo voluto proprio la parola «impatto» come password della nona edizione del Tempo delle Donne (che comincia oggi in Triennale a Milano). Il desiderio è studiare insieme strategie che rovescino il tavolo e la curva dei dati. Strategie che facciano sentire alle generazioni più giovani che c’è un patto possibile da stringere e onorare racchiuso dentro ogni impatto. Il desiderio, in fondo, è non smettere di provarci, di ragionare. Non smettere di contrastare l’inerzia se non lo sgretolarsi di conquiste acquisite. Il problema di fondo dell’Italia è che non riusciamo ad allinearci al disegno di promozione dell’equità che l’Unione europea persegue e che è ispirato ai principi dell’egalitarismo liberale. Tutti i programmi dei partiti includono proposte più o meno articolate sulla conciliazione e per il lavoro delle donne. Ci sono, però, significative differenze d’impostazione sul tema più ampio delle relazioni di genere. Qui le posizioni sono polarizzate fra un centro sinistra schierato a favore della diversità e dei diritti della persona e un centro-destra determinato a conservare modelli di comportamento e categorizzazioni tradizionali . Non è una novità. (L’intervento completo sul Corriere di oggi )
Dopo Letta con gli occhi(ali) da tigre, Salvini in smoking e Conte leader della sinistra, pensavo di averle viste tutte. Invece mancava la conversione di Sgarbi in apostolo della decrescita . Dico Sgarbi Vittorio, il trasgressivo che per quarant’anni ha abbaiato contro ogni regola, dalle sentenze della magistratura all’obbligo di mascherina, dichiarando guerra al conformismo di sinistra incarnato a livello planetario dall’icona ambientalista Greta Thunberg. A leggere l’ultimo intervento pubblico di quel noto gaudente c’è da stropicciarsi gli occhi: è tutto un elogio delle stufe a legna e dei camini accesi, una critica alle luci della città e all’eccesso di docce quotidiane, un invito a vivere in armonia con il pianeta e a liberarsi dal giogo dolce ma infingardo del consumismo. Un po’ come se Briatore inneggiasse alle vacanze in campeggio . Ogni conversione porta con sé una componente di mistero. Sarei tentato di dire, con De André, che Sgarbi si è messo a dare buoni consigli perché non può più dare cattivo esempio , se non temessi di venire immediatamente smentito da una sfilza di suoi improperi. Che l’abbia fatto per farsi notare è già più plausibile: al mercato della notizia uno Sgarbi che esalta l’inquinamento e lo spreco come espressioni di vitalismo è quotato meno di una battuta di Berlusconi sui duecento bidet di Gheddafi. Non mi sentirei però di escludere l’ipotesi più estrema: che anche a Sgarbi, come a milioni di altri italiani, ieri sia arrivata la bolletta della luce .
La notizia è di pochi giorni fa: in Finlandia è entrata in vigore una legge che garantisce a entrambi i genitori (anche adottivi) 160 giorni di congedo parentale . La norma non fa alcuna distinzione tra madri e padri : parla esclusivamente di «genitori». Lo spirito è chiaro: migliorare la qualità della vita delle famiglie, assicurando a tutti e tutte più tempo da passare con i figli. Garantendo la stessa quantità di giorni a entrambi i genitori, la Finlandia cerca di evitare che il lavoro di cura dei bambini nei loro primi mesi di vita ricada esclusivamente sulle donne . In Italia , la situazione è diversa. Alle mamme spettano cinque mesi di maternità , ai papà (se lavoratori dipendenti) dieci giorni di congedo obbligatorio. E poi c’è il congedo parentale facoltativo (recentemente rafforzato con il decreto legislativo 105 del 30 giugno): ogni genitore ha diritto, se dipendente, a tre mesi non trasferibili, ai quali possono esserne aggiunti altri tre a esclusivo beneficio di uno dei due (i genitori autonomi, invece, hanno diritto a tre mesi di congedo parentale per ciascuno). Lo squilibrio, insomma, è evidente , soprattutto per quanto riguarda i primi mesi di vita di bambini e bambine. Guardando ai temi che hanno a che fare con la genitorialità, però, ci sono diversi dati, sulla situazione italiana, che suonano come un campanello d’allarme. Iniziamo da 399.431 e 1,25; ovvero i bambini nati in Italia nel 2021 (mai così pochi nella storia italiana) e il numero medio di figli per donna stimato dall’Istat per lo stesso anno (che è tra i più bassi d’Europa). Continuiamo guardando ad altri numeri, questa volta relativi al mondo del lavoro. Il tasso di occupazione femminile, nel nostro Paese, si ferma al 49,4% , dunque sotto la media europea, che si attesta al 63,4% (dati Eurostat 2021). Le statistiche sull’occupazione segmentate per fasce d’età e numero di figli chiariscono ancora meglio il punto: nel 2021, risultava occupato il 73,9% delle donne tra i 25 e i 49 anni senza figli, ma solo il 53,9% di quelle con almeno un figlio di età inferiore ai 6 anni. Al Sud, in particolare, solo il 35,3% delle donne tra i 25 e i 49 anni con figli piccoli risultava occupato . Insomma, in Italia diventare madri significa mettere a rischio la propria carriera e di conseguenza la propria indipendenza economica . Nel nostro Paese, più figli si fanno, meno si lavora. Ma non deve essere così. Anzi. Di recente, l’Economist ha pubblicato un articolo dal titolo eloquente: «In rich countries, working women and more babies go hand in hand » («nei Paesi ricchi, donne che lavorano e aumento della natalità vanno di pari passo»). (Qui l’articolo completo, da La27Ora)
Ritorno a casa. «Sette anni dopo, possiamo dircelo: Fuoricinema fu proprio una bella idea . Portare l’attenzione sul cinema da Milano, creando nuove prospettive e facendo riscoprire quel senso di comunità che negli ultimi tempi abbiamo smarrito. Prendi i film comici: bisogna vederli al cinema, ridere tutti assieme assomiglia alla felicità». Per tre giorni, dal 9 all’11 settembre, nel Parco della Biblioteca degli Alberi, Teresa Mannino torna a condurre Fuoricinema , la rassegna ideata da Cristiana Mainardi e Cristiana Capotondi a cui il Corriere della Sera partecipa dall’inizio. Settima edizione. Sette anni con decine di star, attori, registi, intellettuali e personaggi della vita civile . Teresa la comica presentò la prima edizione nel 2016. «Un’edizione spettinata e vincente». Allora, Fuoricinema abitava in un grande prato tra i grattacieli. Oggi, è al centro di una vetrina urbanistico-ambientale tra piazza Gae Aulenti e il Bosco verticale. Per i direttori artistici Cristiana Mainardi, Cristiana Capotondi, Gino e Michele, Gabriele Salvatores, Lionello Cerri l’obiettivo è recuperare appieno l’abitudine a stare insieme davanti al grande schermo . Spiega Cristiana Mainardi: «In un momento così duro per il nostro settore è davvero importante andare incontro al pubblico». Lo stesso si augurano Gino e Michele. «Fuoricinema e Anteo possono rispondere promuovere nuove forme di relazione e legame con gli spettatori», aggiunge Lionello Cerri. «Grandi ospiti e grandi anteprime», sottolinea Cristiana Capotondi.
Il tema è nobile: «Nei diritti». Salute, ambiente, natura. Diritti umani . In un’intervista al Corriere Teresa Mannino ha ricordato: «I diritti si alimentano in una comunità cosciente in cui si creano la condivisione e lo scambio. La cultura, il cinema e il teatro, sono la benzina di questo sistema. Ho riletto il primo articolo della Dichiarazione universale dei diritti umani. Comincia così: tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e... Si parla di ragione, coscienza, spirito di fratellanza. Da mettere i brividi. Capisci quanta strada c’è ancora da fare». Sui diritti delle donne, in particolare, si accende: «Perché quando si parla di donne anche conquiste acquisite vengono costantemente rimesse in discussione?». Ricco il parterre di ospiti (programma su www.fuoricinema.com e spaziocinema.info). Da Kim Rossi Stuart che sta per lanciare il suo nuovo film, Brado , a Gabriele Salvatores che incentrerà il suo intervento sui diritti nel cinema. Ci saranno poi Vanessa Scalera - Imma Tataranni , Paolo Virzì e Silvio Orlando , reduci dalla Mostra del cinema di Venezia con Siccità , Pippo Mezzapesa con Elodie e Francesco Di Leva , regista e interpreti di Ti mangio il cuore , che è il film d’esordio come attrice di Elodie, ispirato alla vicenda di Rosa Di Fiore, la prima collaboratrice di giustizia appartenente alla cosiddetta «quarta mafia».
In cartellone anche un dialogo tra Margherita Buy e Teresa Mannino , un incontro con Mario Martone e la moglie sceneggiatrice Ippolita Di Majo e gli show di Maurizio Lastrico con Gino & Michele e di Giovanni Storti . A seguire, Gianni Amelio e Luigi Lo Cascio , che dopo il passaggio al Lido presenteranno Il signore delle formiche sul caso Braibanti, il poeta e drammaturgo che negli Anni Sessanta fu accusato di aver plagiato un allievo. Doppio appuntamento musical teatrale con Mannarino e poi la coppia Mauro Pagani e Lella Costa sul diritto alle passioni. Venerdì sarà proiettato L’immensità di Emanuele Crialese con Penelope Cruz, uno dei film eventi della Mostra del cinema. Sabato sono in programma Ti mangio il cuore e Siccità , domenica Il signore delle formiche. In cartellone anche un «faccia a faccia» tra i fratelli Soldini, Giovanni il navigatore solitario e Silvio il regista , un omaggio al regista iraniano Jafar Panahi, protagonista della new wave di Teheran che sta scontando una condanna a sette anni in quanto dissidente: partecipano Taher Djafarizad dell’associazione Neda Day e l’europarlamentare Pierfrancesco Majorino. Poi, un’intervista al sindaco di Milano Beppe Sala del vicedirettore del Corriere Venanzio Postiglione e un incontro con Nando Dalla Chiesa sul tema «Le parole non si uccidono».
Il Punto torna alle 13 con America-Cina e, dopo le 20, con la Rassegna. A domani con Prima Ora