Altro che pezzi di plastica. Dietro i test Covid c'è una tecnologia preziosa - HuffPost Italia

2022-10-09 01:28:06 By : Ms. Xia Xiong

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Non è tutta plastica inutile quella che non luccica. In queste settimane è diventata virale sui social l’immagine dell’interno di un SARS-CoV-2 Rapid Antigen Test, originariamente messa online l’8 gennaio da un noto negazionista spagnolo con l’eloquente didascalia “super tecnologia de plastico”. C’è chi ha stigmatizzato il contenuto postato dall’utente, ironizzando con battute come “cosa aspettava di trovarci dentro? Un mini laboratorio di analisi con mini biologi?”. D'altra parte, c’è chi ha preso sul serio il post che sminuiva la tecnologia che si cela dietro questi piccoli oggetti. Scopriamola insieme.

Premesso che il gold standard per la diagnosi del Covid rimane il tampone molecolare, che identifica la presenza del materiale genetico del virus in campioni biologici attraverso la tecnica della reverse transcription-polymerase chain reaction (RT-PCR), le tecnologie alla base dei test rapidi sono di grande interesse. Gli antigenici, lo sappiamo, si basano su un principio diverso rispetto ai molecolari e hanno tempi di risposta molto più brevi (circa 15 minuti), anche se entrambi sfruttano la raccolta mediante tampone naso-faringeo. Essi non cercano l’RNA del virus come i molecolari, ma la presenza degli antigeni, ovvero le proteine riconosciute come estranee al sistema immunitario che provocano una reazione. 

Sono tre le tecnologie di antigenici attualmente disponibili: immunocromatografia lateral flow (prima generazione), immunofluorescenza (seconda generazione). Gli ultimi antigenici prodotti, di “terza generazione”, seguono invece la metodica dell'immunofluorescenza con lettura in microfluidica: essi hanno tempi di esecuzione più lunghi e prevedono l'uso di un dispositivo diagnostico che assicura un'analisi più accurata delle altre due tipologie, seppure non paragonabile al molecolare. Sono generalmente disponibili presso laboratori di analisi o strutture sanitarie.

E altro che pezzi di plastica. Alla base dei primogeniti - gli antigenici ad immunocromatografia lateral flow (che sono anche i tipici test fai-da-te) - c’è un insieme di tecniche che servono a separare una miscela nei suoi componenti, con scopi qualitativi e quantitativi. Tali tecniche sono basate sulla distribuzione differenziale dei vari componenti fra due fasi, una chiamata fase stazionaria e l’altra chiamata fase mobile o eluente, che fluisce in continuo attraverso la fase stazionaria. Le due fasi devono essere immiscibili.

Inoltre, la cromatografia arriva da lontano. La prima separazione cromatografica della storia avvenne con due pigmenti colorati, su fogli di papiro, nel 500 a.C., in Egitto: ne racconta Plinio il Vecchio nella sua Historia Naturalis. Mentre la nascita della tecnica cromatografica moderna è stata attribuita al biochimico Michail Semënovič Cvet, che nel 1906 riuscì a separare la clorofilla da un estratto vegetale mettendo in evidenza la possibilità di impiegare questo sistema di frazionamento in molti altri contesti. Il termine cromatografia richiama la separazione di bande di diverso colore e viene utilizzato ancora oggi, anche se raramente la separazione si basa sulla differenza cromatica e oggi è applicata anche all'analisi di sostanze incolori.

E sempre a proposito di immunocromatografia lateral flow. Vi è mai capitato di fare un test fai-da-te? Bene, allora siete pronti a sfatare una delle ultime fake news circolate in rete. Se vi siete domandati qual è lo scopo della soluzione in cui inseriamo il nostro tampone, la risposta è che serve a stabilizzare il pH. Si tratta di un ruolo fondamentale poiché sia la proteina inserita sulla striscia cromatografica sia l’antigene del virus a cui essa si lega sono molto sensibili alle variazioni di acidità. Al variare del pH, infatti, le proteine potrebbero cambiare forma, e di conseguenza, non legarsi dando un risultato cosiddetto “falso negativo”. In alternativa, la proteina sulla striscia potrebbe rivelare il colore da sola, non legandosi a niente: in tal caso si verificherebbe un “falso positivo”. Dunque, ecco smentiti i video di tamponi fai-da-te risultati positivi con acqua, spremute, frutta e bevande diventati virali nelle ultime settimane: chi si cimenta in certi esperimenti non fa altro che alterare il pH della striscia del test, dando origine a falsi risultati e conseguenti false credenze.

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