Sono contento d’esser nato nei primi anni del decennio del ’50 con la guerra alle spalle, con l’inizio della ripresa economica e dei primi televisori, naturalmente americani, che trasmettevano in bianco e nero. Scatole con un vetro bombato e tante lampadine dentro, che poi scoprii si chiamavano valvole e che lentamente si riscaldavano e quando la lucina rossa dello stabilizzatore – una sorta di scatoletta di metallo pesantissima – diventava verde la televisione si metteva in funzione. Spesso, durante la trasmissione, s’interrompeva l’immagine e comparivano delle strisce orizzontali e spuntavano quelle righe grigie e bianche a spiga come una giacca di tweed inglese. C’era in quella tv d’allora la televisione dei ragazzi, con Mago Zurlì, che ho poi conosciuto da grande come giornalista enogastronomico, la serie di Giovanna la Nonna del Corsaro Nero e Febo Conti col quiz “Chissà chi lo sa? “ e Rita Pavone con Giamburrasca. Sono contento d’esser nato in quegli anni perché…sono tanti i perché, alcuni?
Sono soddisfatto del mio tempo passato, in questi anni ho vissuto la mia vita come protagonista del mio tempo e non come controfigura di qualcuno, ho avuto la fortuna di fare dei lavori e d’intraprendere le attività che erano nei miei sogni di bambino e nei miei interessi da più grande. Oggi avendo più tempo per riflettere devo dire che proprio perché ho avuto la fortuna di essere nato nella seconda metà del secolo scorso ed essendomi dovuto emancipare appena diciassettenne per la dipartita di mio Padre ho iniziato la mia vita pubblica prima di tanti altri miei amici coetanei e colleghi di studio. Ho avuto la fortuna di vivere accanto a due uomini molto importanti per la mia formazione di uomo e cittadino, mio Padre, da tutti amato ad Agrigento, uomo cordiale e disponibile con tutti, e poi mio Nonno del quale porto il nome. Un gigante, colto, raffinato, serissimo ma con senso dell’humor e stimato Amministratore di questa nostra Città in un tempo in cui alle cariche pubbliche si dava senso e prestigio con le proprie capacità… Altrimenti, diceva Lui, erano solo scatole vuote e medaglie di latta con cui fregiarsi. Esattamente quello che avviene oggi!
Certo in quello che sto per raccontarvi si sono intrecciate tante coincidenze favorevoli poi anche io ho messo del mio, col mio modo d’essere e di porgermi verso il prossimo, anche quello più distante… Nella mia vita imprenditoriale ho avuto la fortuna di conoscere persone uniche che mi sono rimaste sconosciute di cui non ricordo il viso ma dei quali conservo il biglietto da visita. L’elenco è lungo: da un Presidente d’una Repubblica ad un paio d’Ambasciatori, un Presidente di banca americana come un paio d’italiani, due Premi Nobel, grandi giornalisti, scrittori di fama internazionale, famosi chirurghi e grandi attori ed attrici. Con alcuni di loro nacque più che una conoscenza una certa discreta amicizia. In questa “memoire” non voglio elencare la lista di quanti mi hanno onorato della loro attenzione e stima. Capiterà che, sollecitato da qualche evento o ricorrenza, scriverò due righe come questa sera. Oggi 20 Novembre ricorre la dipartita del Maestro Leonardo Sciascia, racalmutese, fumatore, scrittore, saggista, anche politico e tant’altro, quasi un polimata e poi anche…
Un giorno, credo del 1981, stranamente di mattina, entrò in negozio, quello storico in fondo alla Via Atenea, una signora, una professoressa, una nostra Cliente ma soprattutto una cara amica di mia Madre. Moglie d’uno storico professore e preside del ragioneria, entrambe persone dalla profonda e affascinante cultura. Pensate che il signor Preside…al ragioneria…durante la pausa delle dieci e trenta faceva trasmettere, se ne parlava fra gli studenti, come una vera leggenda metropolitana, musica classica dai diffusori del suono sparsi per l’istituto. Vi ho detto tutto! Bene, quella mattina la cara ed indimenticabile signora Carmela La Rosa Castellano entrò in negozio con il suo aspetto burbero, che però scompariva se riuscivi a guardare dietro i suoi occhiali da vista colorati, chiese alla commessa di parlare con me personalmente. Mia Madre, le andò incontro, si salutarono col solito affetto che le legava da sempre, ma Lei sorridendo disse che doveva parlare con me, lasciandola perplessa. Io fui chiamato e mi presentai alla Signora Carmela con il rispetto per la grande prof. e l’affetto trasversale mutuato da quello di mia Madre.
La Signora mi prese in disparte e quasi sussurrando mi disse che la dovevo aiutare a risolvere un problema che la metteva in agitazione. Io potevo risolvere un problema alla Signora Castellano? Fui un po’ frastornato, come si dice oggi basito. Fui subito tranquillizzato dalla stessa Signora. Mi prese sottobraccio e indirizzandosi verso la sala degli articoli da regalo mi disse: “Stasera sono a Racalmuto, alla Noce, il nostro amico festeggia il compleanno “. Io non ero ancora mai stato a Racalmuto, ci andai tanti anni dopo a vedere la mostra del pittore locale caravaggesco del ‘600 il D’Asaro che si firmava Momoculus Racalmutensis, perché guercio d’un occhio. Figurarsi se avessi potuto conoscere la contrada Noce e a chi questo sito era particolarmente e dopo storicamente legato.
Sicuramente la Signora colse il mio momento d’impasse nel non cogliere il senso del suo discorso. Fu immediatamente più chiara: “Il nostro amico Leonardo Sciascia questa sera fa una cena per festeggiare, anche se il compleanno lo fa a Gennaio, e noi che siamo suoi amici saremo da lui a Racalmuto. Telegrafica e sintetica come sempre. Ecco capii che la mia incombenza era grande, il mio compito arduo e senza via d’uscita. Dovevo risolvere con onore per la Casa la necessità in primis dell’Amica di mia Madre e subito dopo della storica Cliente del Negozio. Mi posi il problema di cosa proporre come regalo ad un uomo della statura di Sciascia, che non fosse la scontata cravatta bordeaux, tanto va bene su tutto, un ombrello perché troppo intimo né un paio di guanti, vanitas vanitatum non consoni ad un uomo così serio, compito e soprattutto, appunto, scevro dalle umane vanità. Mi accorse in aiuto un aforisma di Oscar Wilde che avevo letto pochi giorni “Niente è più necessario del superfluo“.
Doveva essere un qualcosa di assolutamente inutile, solo esteticamente bello, utilizzabile ma anche solo d’ammirare nel suo studio per ricordare i suoi amici che l’avevano donato. Mi guardai in giro, le mie vetrine erano piene di bellissime cose, porcellane raffinate, cristalli preziosi, argenti cesellati e niellati, ma nulla di così particolarmente inutile. In un bicchiere, che sia di vetro dozzinale o del miglior cristallo “au plomb” ci bevi ma poi lo riponi nella credenza, una statuetta in porcellana era cosa troppo leziosa per un uomo e poi detestata dalla Moglie perché oggetto fragile e soggetto alle rozzezze d’una qualche cameriera… E addio! Il pensiero della campagna e di un oggetto, diciamo omologabile a quei soggiorni estivi, mi portò a pensare a quella che già allora era anche una mia passione: i bastoni da collezione, ne avevo allora solo due ed erano dei miei Nonni. Essendo un articolo storico del nostro assortimento avevo anche il piacere di comprarne da collezione, oltre che i normali di legno d’appoggio e di fattura moderna per i nostri Clienti. Naturalmente quelli della migliore e storica ditta produttrice italiana e nostra fornitrice dai tempi del mio Bisnonno, la Ravarini & Castoldi 1867 di Milano. In diverse Case di Agrigentini ce ne sono anche, e non pochi, con bei manici d’argento e aste in ebano puro, oggi già da considerarsi delle rarità. Li tenevo esposti in un porta ombrelli di legno e così azzardai la proposta alla Signora, quasi spaventato dissi a fil di voce: “Un bastone da passeggio?”. Il viso della Signora s’illuminò e mi disse, lo ricordo come se fosse oggi: ” Gnazzì facisti centro! Leonardo fa la collezione!”.
Io rimasi sbalordito da tanta manifesta spontaneità alla quale non era adusa la Signora, perché Professoressa lo era in classe ma anche fuori. Poi, sempre sottobraccio, s’avvicinò ai bastoni che le avevo indicato, ne guardò un paio, forse tre, e poi scelse il più bello, naturalmente anche il più costoso. Un bellissimo bastone col manico d’argento, con modellato la testa d’un cane e l’asta d’ebano doverosamente nera. Mi chiese il costo, io mi schiarii la voce ed esalai, quasi fosse il mio ultimo respiro, la cifra davvero importante. Lei stringendomi il braccio e sorridendomi mi disse: “Vabbè ma poi me lo fai lo sconto, come me lo faceva tuo padre!”. Glielo avrei fatto in ogni caso; erano, lei assieme a suo Marito, due persone che, io giovanissimo e fresco di compiuti studi, stimavo moltissimo. E questa è la storia del bastone regalato…il seguito…di questo ricordo è brevissimo, non vi preoccupate.
Dopo alcuni mesi, forse Ottobre avanzato, ricordo ch’era una bella mattina d’un sabato o d’un venerdì, non so perché ma credo che il fatto fosse accaduto in uno di questi giorni, ero dietro il grande bancone della sala principale del negozio e vidi che un signore con un soprabito da mezzo tempo, allora c’erano le stagioni, guardava in alto verso l’insegna sul prospetto, come volesse leggerla per essere sicuro d’esser davanti al negozio giusto. Devo dire che i caratteri che usarono nel 1970 gli “arredatori”, che rifecero per conto di mio Padre il negozio nuovo, dopo quello dell’ottocento fatto realizzare dal mio Bisnonno Luigi, non erano facilmente leggibili, anche perché la “L” di Luigi, che doveva essere puntata, fu lasciata libera di far leggere tutto d’un fiato Laltieri…Per un certo periodo nuovi rappresentanti che non ci conoscevano capitò che mi chiamassero, ma solo per la prima volta, signor Laltieri!
Tornando ai fatti, questo signore, che a distanza non avevo riconosciuto, si fermò un attimo davanti l’ingresso del negozio, diede l’ultima tirata alla sigaretta ed entrò. Io rimasi di stucco, avendolo si riconosciuto ma non sapendo come rivolgermi in modo consono davanti ad un gigante della letteratura italiana. Mi spinsi oltre le mie paure e mi rivolsi chiamandolo e augurandogli un buon giorno ed un benvenuto in negozio solo Maestro. In quel preciso istante ricordai che lui era anche deputato per i Radicali, piccola cosa in confronto ai tanti suoi altri meriti. Mi perdonai da me stesso per la dimenticanza. Lui garbatamente tolse il cappello e mi disse, riferendosi al ruolo di maestro delle scuole elementari e non al suo reale titolo onorifico che tutti gli deputavano: “Effettivamente lo sono stato e ne sono orgoglioso”. Quanta semplice umiltà, quella dei veramente grandi. Poi guardandosi in giro mi disse: “Ma qui tutto è cambiato. Qui c’era un signore, credo mio coetaneo, che si chiamava Dottor Altieri, molto affabile, persona cordiale, sa, lei me lo ricorda !” Io orgoglioso dissi semplicemente ch’era mio Padre e che non c’era più. Un attimo di silenzio e poi mi chiese : “Vendte ancora cappelli? Io ne ho due comprati qui da suo padre, uno prima della guerra ed uno subito dopo, sa, li ho ancora anche se non li adopero più. Se ne ha ne vorrei comprare uno nuovo, quelli con la scritta dentro Cappelleria Luigi Altieri”.
Io mi trattenni perché dentro di me ero commosso dal ricordo di mio Padre e del fatto che il Maestro citasse il particolare della nostra Marca incisa in oro assieme a quella della storica Ditta Barbisio all’interno del cappello. Lo servii com’era nei nostri costumi con tutti i riguardi, ne scelse uno giusto con la certezza di chi sa comprare, perché aduso ai cappelli, scelse quello perfetto per lui. A quel punto, diciamo entrati in confidenza, gli chiesi del bastone. Mi disse ch’era rimasto colpito sia dalla bellezza sia della scelta originale quanto apprezzata da parte dei suoi amici, i Signori Castellano. Nei fui inorgoglito, parlammo di bastoni e della sua collezione. Prima di salutarmi, col suo nuovo cappello in mano e quello vecchio in busta, mi diede un biglietto col suo numero di telefono della casa di Palermo. Mi disse ” se le capita qualche bel bastone fra le mani mi contatti”. Qualche “pezzo” particolare per proporglielo e lui avrebbe fatto in modo di farlo ritirare direttamente e per suo conto in negozio. Immaginate la mia emozione, avere avuto da un così grande uomo, onore di tutta la Sicilia, una confidenza tale…pensai a mio Padre se avesse avuto in negozio Luigi Pirandello. Lui andò via salutandomi cordialmente ed io riposi il biglietto nel portafoglio.
Passarono alcuni mesi e a Febbraio in una delle mie solite andate a Parigi per lavoro, come mia abitudine, andai il Sabato al Marché aux Puces, a la Porte de Glignancourt, a Saint-Ouen. Ci andavo sempre alla ricerca di ventagli antichi, piccoli oggetti d’antan in porcellana francese, lunettes, gli occhialini a pince-nez, e antiche trouvailles, così per il piacere di mettere in vetrina qualcosa che attraesse, per la sua unicità, l’attenzione dei flaneur della Via Atenea…
Girando fra le varie botteghe e bancarelle vidi un bastone con manico in argento art decò ed asta integra in ebano viola, una sorta di bois de rose. Pensai a Sciascia, e dopo una estenuante trattativa col francese riuscii a comprarlo, era davvero un pezzo da collezione e lui lo sapeva. Il manico rappresentava una silfide nuda, con un braccio piegato a sostenere la nuca e coperta da un velo su tutto il corpo fino ai piedi. La figura di silfide in un movimento sinuoso si distendeva a comporre la forma d’un manico perfetto ad accogliere ben salda una mano. Chissà a quale nobiluomo era appartenuto, chissà a quanti Can Can aveva assistito e se avesse incontrato Toulouse Lautrec o Matisse o Pizarro al Cafè Guerbois.
Questo è il bello degli oggetti che hanno una storia dietro le spalle, come gli uomini e le donne, solo che loro sono testimoni muti e discreti d’un tempo passato. Noi possiamo avere il privilegio d’immaginarne la storia e vagheggiare su d’un tempo che fu lumière. Un pezzo museale, era per Lui! Per il mio importante Cliente, a questo punto. Lo feci leggermente restaurare da un noto cesellatore comasco, perché il viso della silfide era leggermente deformato dagli scontri del tempo che poi, diciamolo, era stata la mia tesi sostenuta nella “requisitoria” col venditore francese per ottenetene un buon prezzo!
Leonardo Sciascia. (Foto di Angelo Pitrone)
Qualche mese dopo mi trovai a Catania e nei miei soliti giri antiquariali della Domenica in un paesino alle pendici dell’Etna da un rigattiere trovai un altro bastone, messo bene, in buono stato di conservazione, nulla di che, un manico ricavato da un corno di un qualche animale africano e l’asta era un classico di quel continente di legno zebrato, color miele e marron. Prendendolo in mano mi stupì il peso specifico, era troppo pesante rispetto al legno ed al manico nella loro interezza e sottigliezza. Lo guardai con attenzione senza darlo a vedere al rigattiere e capii cosa nascondeva il bastone. Il rigattiere non lo aveva capito di cosa si trattasse in realtà, l’aveva buttato in mezzo a vecchi ombrelli dentro un’anfora sbeccata, un cimitero. Chiesi il prezzo e rimasi sbalordito per la richiesta, meno del costo d’uno nuovo col manico in bachelite. Non aveva capito niente. Lo comprai a scatola chiusa… ma non troppo. Una volta uscito e raggiunta l’auto, lo ripulii dalla polvere stratificata e armeggiai col manico del bastone, nella parte di congiunzione fra il corno ed il legno c’era una fascetta di metallo ossidato tendente al verde rame…era argento e non solo…con una lieve torsione i due pezzi si staccavano e al manico restava attaccato uno spadino in acciaio quasi a forma triangolare, una forma più per infilzare di prima difesa, che per duellare. Una vera e propria arma. Lo nascosi bene sotto il sedile e conclusi la mia giornata antiquariale.
Qualche giorno dopo in negozio, era da poco arrivato l’altro bastone, il francese, da Como, ben restaurato mi apprestai a fare la fatidica telefonata al Maestro. Presi i due bastoni e li guardai con accuratezza, volevo esser sicuro che tutto fosse in ordine, ben pulito, diciamo perfettibili se non perfetti. Il Cliente lo meritava ed anche loro perché andavano a far parte d’una collezione di un uomo illustre ed in un’importante casa. Erano proprio belli, me li guardavo passandomeli di mano in mano, li facevo roteare come avrebbe fatto un signore col cilindro e guanti bianchi d’altri tempi. Liberai lo spadino per controllare che fosse ben pulito e non desse segni d’uso poco gradevoli. Dall’analisi risultò mai adoperato, era si un po’ arrugginito ma privo di scalfitture di alcun genere, intonso nella sua funzione nascosta e pericolosa. Li posai sulla scrivania, li guardai e li riguardai ammirandone l’eleganza, che però li differenziava. L’uno, il francese, evocatore di soirée all’Opera, belle donne e grand toilettes… L’altro più da mattina, un po’ rustico o meglio sportivo, aveva il suo fascino forse nella sottigliezza del legno zebrato e la grazia d’una gazzella africana come il piccolo corno che lo completava. Erano come detto due bellezze differenti.. Catherine Deneuve e Zeudy Araya.
Presi la cornetta del telefono, uno di quelli neri con i numeri a disco e composi il prefisso di Palermo…zero… novantuno … A quel punto, col biglietto del Maestro, col resto del numero nella mano libera da comporre, mi sovvenne un pensiero, veramente più d’uno. Ma sicuramente il Maestro Sciascia ne avrà di tantissimi, forse più belli di questi, forse lo infastidirò, se non lo trovo a casa cosa potrò dire a chi mi risponderà? Forse lo avrà detto per carineria di trovargli.. “Se le capitasse qualche bel bastone fra le mani” dei pezzi particolari. Pensai si dovesse sentire obbligato ad acquistarli in virtù della comune amicizia con i Signori Castellano. Diversi furono i pensieri che si affastellavano nella mia mente, mentre, col telefono in mano la Sip aveva già staccato la linea…e così feci pure io riposando la cornetta al suo posto e con essa il biglietto del Maestro Sciascia.
Fumandomi una sigaretta subito dopo analizzai che quei pensieri che si erano sovrapposti uno dietro l’altro in pochi secondi nella mia mente, non erano altro che inconsci alibi che il mio “ Io “ si dava per non cedere quei due splendidi bastoni al Maestro. Non ne avrebbe mai saputo nulla e, soprattutto, che invece contribuì inconsapevolmente a far nascere la mia piccola collezione di “cannes de promenades ”. Non lo sentii né rividi più se non una volta a Racalmuto, sul corso principale lo incontrai con la sua sigaretta sempre al dito e passandogli accanto, io, con la faccia di bronzo, sussurrando gli chiesi scusa per quell’appuntamento mancato.
Scritto in Girgenti lì, 20.XI.2019. Ricordo in memoria di Leonardo Sciascia dedicato ai Signori Castellano, amici dei miei Genitori… Come io ed i miei fratelli dei loro figli.
I funerali si svolgeranno domani, lunedì 8 novembre, ad Agrigento nella chiesa di San Vito alle 11
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