L’IMPOSTINO, 20 ANNI DI MONTECUCCO – James Magazine

2022-10-09 00:05:08 By : Mr. Hunter Huang

High Things, tra Bellezza, Arte e Champagne

Di poesia ce n’è stata e ce n’è ancora, in quella che fu la nascita di Tenuta l’Impostino. Perché quando Patrizia Chiari e Romano Marniga si imbatterono in questo isolotto a balze cinto dai boschi, la scintilla scoccò davvero. Si annida effettivamente molto romanticismo sotto la scelta di due affermati imprenditori bresciani di buttarsi a capofitto in un’avventura agricola come quella. Qualcuno lo chiama “ritorno alla terra” e, quantomeno per Patrizia, è realmente così, a fronte di quei ricordi campestri che rendono ancora percepibile la mano callosa del nonno ad afferrare la sua. Non è, però, la trama poetica a dare sostanza al progetto dell’Impostino, bensì la realtà di otto vini e di una superficie di terra all’interno dell’area del Montecucco.

È una superficie che si estende su 52 ettari totali – 20 a vigneto, 2 a uliveto e 30 lasciati a bosco – compressa fra l’imponenza del Brunello di Montalcino e la notorietà del Morellino di Scansano. Fa quasi tenerezza pensare che qualcuno abbia preferito la sua bellezza alla maggior facilità commerciale delle due sorelle limitrofe. Il Montecucco è una terra selvaggia che sa di azzardo e di scommessa, e dove l’aria si impregna della macchia mediterranea che attraversa correndo da una collina all’altra. La scelta di lasciare intatta la predominanza di bosco è stata voluta, per ricordarsi sempre chi è la padrona, qui, rammentando a tutti coloro che pigiano le uve e ne vendono le bottiglie, su quale suolo stiano poggiando i piedi.

A rendere la Tenuta l’Impostino un luogo degno di nota è la tenuta stessa, intesa come la somma di terra, di verde, di luce, di vento e di sole, corredata da una serie di scelte che Romano e Patrizia hanno preso e portato avanti per valorizzarla. A rendere speciali i prodotti invece, è un tratto di “genuinità”, che sottende a un delicatissimo equilibrio condotto fra la qualità del vino e il suo prezzo.

Può sembrare un tema ostile al romanticismo, ma invece racconta di qualcosa che, specialmente ai tempi odierni, rimane una possibilità. Possibilità di accedere a un pantone di Sangiovese, in tutte le sue declinazioni e in tutte le sue espressioni, ad un prezzo assolutamente contenuto, segno dell’approccio di Patrizia e Romano al vino e al buon cibo, che per loro sono innanzitutto condivisione. Lo stesso criterio è stato utilizzato per la ristrutturazione del casale, che oggi è un bellissimo agriturismo di otto camere. Dalla vecchia stalla è stato invece ricavato il ristorante, fiore all’occhiello della Tenuta. È il regno di Fabio, cuoco di grande sensibilità, che, seppur di origine bresciana, vanta una grande familiarità nell’utilizzo delle materie prime locali, compreso l’olio prodotto in tenuta.

Tenuta l’Impostino oggi compie 20 anni. Vent’anni da quella sana follia, vent’anni da quell’azzardo che cambiò la vita di Patrizia e di Romano, vent’anni dal momento in cui quel casolare diroccato smise di godersi il sole toscano in totale solitudine. Patrizia e Romano recuperarono il casale, ripristinarono il pascolo antico e lo rimisero a nuovo, impiantando vigneti che oggi ospitano Sangiovese, Merlot, Petit Verdot, Alicante, Syrah e, unica eccezione bianca, Vermentino. Il paradiso della bacca nera oggi festeggia la ricorrenza del ventennale con un nuovo nato, una sorpresa che celebra il frutto. Nessuna varietà poteva essere più adatta del Merlot, bacca purpurea dal timbro succoso di prugna e ciliegia, cioccolato e tinte balsamiche. Niente meglio di un taglio di Merlot per il 90% e Petit Verdot per il restante 10%, poteva comporre il profilo del nuovissimo Lupo Nero, complementare del precedente Lupo Bianco.

È il Lupo Nero, quindi, a porsi come effige di un ventennio trascorso a suon di assaggi e inversioni di rotta, a volte brusche e a volte più dolci. Come quel drastico cambiamento di stile che, con l’anno 2011, segnò da lì ai tempi a venire il vino di punta, il Sangiovese Riserva Montecucco Viandante. Quella purezza di Sangiovese incarna da sempre lo stile e l’identità aziendale. Patrizia ha insistentemente voluto che fosse proprio il Viandante a trasferire il territorio nel calice. A lui spettava il compito di portare sulle tavole, italiane ed estere, la traccia di quell’aria intrisa di macchia mediterranea e di terra. Fu così che dal 2011 il Viandante divenne un cantastorie più schietto, più pragmatico, più diretto. E il Sangiovese Riserva Montecucco Viandante piace proprio per questo, per quel profilo ruvido che contiene una trama dove è ancora possibile apprezzare la grana del tannino e le sue ombre, accorgendosi che, spesso, è proprio quella ruvidità a dettare il paradigma dell’eleganza nel sorso.

I festeggiamenti di Tenuta l’Impostino non si privano persino di particolari “fuochi d’artificio”. Per l’occasione è stata infatti creata un’opera d’arte dal sapore molto ma molto moderno: l’NFT di Lupo Nero, a cura dell’artista francese Lisa Paclet e del wine expert Filippo Bartolotta. Tale opera segna il debutto di Tenuta l’Impostino nel mercato innovativo del collezionismo e dell’arte digitali, applicati al mondo del food&wine.

Un compleanno che ne promette molti altri, come tutte quelle realtà tessute fra intrecci di incontri e di folate di vento. Del resto questo luogo nasceva così. L’Impostino era un punto di ristoro, un “faro” per i viandanti che attraversavano la Toscana per dirigersi da Siena a Grosseto. Di quell’epoca lontana sono rimasti ancora i massi e tutti quei frammenti di rocce che ogni tanto fan capolino dal pavimento dei vigneti. Sono rimaste anche le mura, qualche brandello di storia in cui, ad essere attenti, ancora si legge la trama di qualche vita, quella degli altri e la nostra.

La predominanza di Merlot si avverte forte e chiara, con quel profumo avvolgente di amarena, mora, frutto rosso maturo e cioccolato, ravvivato da un piccolo ricciolo erbaceo che scombina le carte in tavola. Sorso gustoso, materico, vellutato ma non troppo, poiché la traccia fresca marca la beva e la sostiene, dando, insieme all’accenno tannico, una buona spina dorsale.

Figlio di un’annata molto equilibrata. Naso elegantemente composto nel frutto rosso e terra; bocca decisamente fresca, dove il tannino è in fine accordo con tutte le durezze. Si prevede un’evoluzione da fuoriclasse.

Il caldo che ha marchiato a fuoco l’annata si fa sentire con l’evidenza di un profumo esplosivo e di un sorso materico. Il naso addolcito nelle note burrose e quelle di fragolina di bosco matura è comunque reso scuro dalla parte terrosa di fungo. Bocca ancora solcata dalla freschezza, ma partecipe di una struttura piena, avvolgente.

Un esemplare di finezza, il Viandante 2013. L’annata fu piovosa, tanto da posticipare le fasi iniziali del ciclo vegetativo della pianta. La maturazione più lenta e delicata ha fatto in modo che tutto il processo si svolgesse nel modo più preciso e fine possibile. I risultati si sentono in un profumo particolarissimo, che accoglie qualche tinta mentolata, e in un sorso composto, dove il tannino levigato detta, veramente, le sillabe dell’eleganza.

Il 2012 portò un inverno freddo e poco piovoso, preludio a primavera ed estate siccitose. Il naso è piuttosto speziato, con la sempre viva partecipazione del frutto rosso maturo e solare. Nel sorso di questa annata il tannino discute ancora a voce alta, emergendo in modo più netto rispetto agli altri.

L’anno del cambio di passo, l’anno zero della rinascita del Viandante in favore del Sangiovese, lasciato esprimere su toni più ruvidi e realistici. Fa da ponte fra i due stili, l’anno 2011, portandosi in carico l’eredità della morbidezza e del sorso più ricco.

L’annata 2010 fu piuttosto equilibrata. Il naso si presenta in un’esuberanza di frutto, liquirizia e note balsamiche, con la bocca invece un po’ meno espressiva, seppur sempre molto godibile.

La 2009 ha purtroppo fatto il suo tempo, mostrandosi ora con i segni di una vita a scendere, in quella rispettosa fase di senescenza che non può certamente intrattenere ma può comunque raccontare di un’evoluzione, per il vino stesso e per lo stile che lo ha voluto così.

Nel 2008 ci fu caldo, ma mai estremo. Naso di frutto, con leggere note agrumate che riportano al tamarindo, su un varietale sfondo terroso. Il tannino è vivido, ma è la freschezza a determinare, nonostante gli anni, l’ultima parola. Chiude in un’accezione leggermente amaricante.

Un vino che è un trionfo. Al momento, il Viandante 2007 è ancora impegnato in un’avvincente conversazione con il tempo, che non sembra averlo minimamente sopraffatto. Il naso è complesso, balsamico, terroso, tosato di caffè e carruba, con qualche ricordo agrumato di scorzette d’arancia. La bocca è sorprendentemente fresca, giustamente tannica, con un finale di grandissima pulizia.

Rarissima specie di Milanese purosangue. Mentre si laureava in Scienze Agrarie, studiava Canto Moderno Professionale. Attratta in modo irreversibile dall’armonia, è diventata Sommelier e Degustatore ufficiale. Il lavoro presso due cantine le ha fatto mettere le mani in vigna e oggi collabora con diverse Redazioni e Guide Vini per raccontare di tutto ciò che sa di vita.

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