Ha perso la fisarmonica, gli resta solo la faccia da mostro - Il Riformista

2022-10-08 20:23:02 By : Ms. Lillian Chu

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L’hanno cavato dal ventre della madre con un forcipe che gli ha devastato il volto, che è come un vaso storto; e nella sfigurazione i due occhi hanno perduto l’alloggiamento naturale: di modo che uno incombe, semichiuso, sulla guancia, all’altezza del naso; mentre l’altro, ciclopico, si apre e spinge sul confine della fronte. Conosco questo zingaro, come noi tutti qui della zona, da molti anni. Sta sempre nei pressi del “ponte”, come i milanesi chiamavano quello che ora è un incrocio di asfalto, e prima era invece una curva del Naviglio cavalcata, appunto, da un ponte. E ormai non più, ma ancora fin verso gli anni Settanta del secolo scorso, e dunque quando il Naviglio aperto non era più nemmeno un ricordo, i vecchi continuavano a darsi appuntamento “al ponte”, a fare due passi “fino al ponte”, a comprare il cotechino e la mostarda dal salumiere che c’era lì, ma sì, lì avanti, “dopo il ponte”.

Lo zingaro con la faccia di vaso storto e gli occhi disparati stava sempre lì, a un capo o all’altro del ponte che non esiste più, con una sua fisarmonica in grembo e al suo fianco, a terra, come una bocca spalancata, la custodia adibita a recipiente di elemosina. Ricordo che una volta stavo in piedi accanto a quel suo metro quadrato di palcoscenico, distratto, aspettando non so più chi, col mio cane al guinzaglio. L’animale, normalmente bisognoso di un orlo verde per lasciarsi andare, stufo o indispettito aveva pensato bene di alzare la zampa e di pisciare precisamente lì dentro, in quel bauletto aperto che era la povera banca dello zingaro. Me ne accorgevo a lavoro compiuto, cioè tardi. Desolato, non potevo far altro che scusarmi in tutti i modi con il suonatore: e gli allungavo del denaro risarcitorio. E la cosa terribile è che quello – che non era distratto come me, con la testa chissà dove – aveva assistito alla scena dall’inizio alla fine senza dire nulla, restando a guardare quel cane che gli innaffiava la custodia della fisarmonica. Ma ovviamente non era noncuranza.

Era che aveva paura, si sentiva in difetto, intruso, fuori posto, e il piscio del cane era una delle possibili avversità, uno degli ineluttabili contraccolpi da sopportare: uno, tra i tanti, dei pegni dovuti da un apolide con la faccia da mostro per suonare la sua fisarmonica su quel marciapiede. L’ho visto nuovamente ieri, sempre al “ponte”, accovacciato, ma senza la fisarmonica e senza la custodia che lui officiava a povero scrigno, e il mio cane, quella volta, a pisciatoio. Aveva invece, a disperato rimedio, e tentava con poco successo di tirarne fuori qualcosa, una melodica o diamodica che dir si voglia, quell’aggeggio a fiato con una tastiera e un beccuccio che normalmente si regala ai bambini.

Gli ho domandato come mai non avesse più il suo strumento e mi ha spiegato che gli si è rotto, che non si può riparare. E che non ha i soldi per comprarne un altro. Aveva una cosa, per chiedere la carità: la sua fisarmonica, e ora non ha più nemmeno questa. A chi passa, anziché un po’ di musica tra i clacson e il rumore del tram dove non c’è più il “ponte”, ha ormai da offrire solo quella faccia a guisa di anfora collassata, e lo sguardo divergente di quei due occhi partoriti ognuno per conto suo. Non ho idea di quanto costi una fisarmonica. Mi informo.

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Il Riformista è una testata edita da Romeo Editore srl - PIVA 09250671212 e registrata presso il Tribunale di Napoli, n. 24 del 29 maggio 2019 - ISSN 2704-8039