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Quali sono le caratteristiche delle mascherine FFp2? E quali le differenze con le altre mascherine?
A partire dal giorno di Natale 2021, in Italia, sarà obbligatorio indossare le mascherine FFp2 ogni volta che ci si reca al cinema, a teatro, nei locali di intrattenimento e in quelli assimilati (come i musei), allo stadio, a vedere un evento sportivo, sui mezzi di trasporto (sia a lunga percorrenza, sia sui mezzi pubblici locali). Non solo: sarà obbligatorio indossare una mascherina — almeno chirurgica — all'aperto e in tutti i luoghi chiusi che non richiedono la Ffp2: nei luoghi di lavoro, nei ristoranti, nei bar, nei negozi. Queste decisioni, prese con un decreto varato per contrastare l'aumento dei casi di contagio, dovuto anche alla diffusione della nuova variante Omicron, riportano in primo piano le differenze tra le diverse mascherine — uno strumento decisivo nel contrasto alla pandemia. Per fare un punto, partiamo da un’immagine (si veda sotto, ndr ) compilata dalla Federazione Nazionale degli Ordini dei Chimici e dei Fisici da cui si vede come le mascherine che non siano di stretto uso medico proteggono in uscita piuttosto che in entrata — insomma, proteggono più chi sta intorno a chi le indossa che non chi le stia indossando (i dettagli sotto, ndr ).
Innanzitutto, esistono tre macro-categorie di mascherine : i dispositivi di protezione individuale (DPI), i dispositivi medici (DM); le mascherine «di comunità» (quelle di stoffa). I DPI comprendono le mascherine con le sigle FFP (dove FF sta per Semimaschera Filtrante). I DM comprendono le mascherine chirurgiche . Le mascherine di comunità comprendono quelle usa e getta o lavabili e possono essere comprate o fatte in casa con diversi materiali: possiamo definirle un «presidio igienico».Le mascherine chirurgiche Le mascherine chirurgiche, regolate da marchio CE e da una norma, la UNI EN 14683:2019, sono state concepite per essere usate dai medici per proteggere i pazienti quando sono sul tavolo chirurgico. Per questo la loro funzione primaria non è quella di proteggere chi le indossa, ma di proteggere chi sta intorno: in altre parole, di limitare la diffusione nell’ambiente di particelle potenzialmente infettanti bloccando almeno il 95% dei virus in uscita . È bene ripeterlo: le mascherine chirurgiche non sono nate per proteggere chi le porta dall’inalazione di particelle aeree di piccole dimensioni («aerosol»): il potere fornito verso chi le indossa soprattutto nei confronti di «droplets» (goccioline pesanti) è del 20%. Sono utili però se tutti, in un determinato ambiente, le indossano.
Le mascherine chirurgiche, regolate da marchio CE e da una norma, la UNI EN 14683:2019, sono state concepite per essere usate dai medici per proteggere i pazienti quando sono sul tavolo chirurgico. Per questo la loro funzione primaria non è quella di proteggere chi le indossa, ma di proteggere chi sta intorno: in altre parole, di limitare la diffusione nell’ambiente di particelle potenzialmente infettanti bloccando almeno il 95% dei virus in uscita . È bene ripeterlo: le mascherine chirurgiche non sono nate per proteggere chi le porta dall’inalazione di particelle aeree di piccole dimensioni («aerosol»): il potere fornito verso chi le indossa soprattutto nei confronti di «droplets» (goccioline pesanti) è del 20%. Sono utili però se tutti, in un determinato ambiente, le indossano.
Le mascherine FFP2 e FFP3
In ordine di potere filtrante abbiamo prima, per efficenza, le mascherine indicate ai medici o a persone a stretto contatto con malati Covid-19 : «Semimaschere filtranti FFP2 e FFP3». Devono avere marchio CE e l’indicazione UNI EN 149, che è la norma per la prestazione tecnica che ne garantisce requisiti e caratteristiche. Le FFP2 e FFP3 hanno una efficienza filtrante del 92% e 98% rispettivamente. In entrata, queste mascherine filtrano anche le particelle più piccole di virus (chiamate «aerosol»). Questo significa che proteggono non solo chi sta intorno a chi le indossa, come le chirurgiche: le FFp2 e FFp3 proteggono anche chi le indossa dalle particelle presenti nell'aria. La decisione di imporne l'uso in determinati contesti (li ripetiamo per comodità: cinema, teatri, locali di intrattenimento e assimilati come i musei, stadi, eventi sportivi, mezzi di trasporto) indica che il legislatore intende aumentare il livello di protezione individuale, «imponendo» di proteggere non solo gli altri ma anche se stessi, di fronte a una variante la cui trasmissibilità (e, quindi, il cui impatto sociale) è particolarmente elevata. Le mascherine FFp2 e FFp3 devono essere indossate con precisa procedura . Bisogna lavarsi le mani prima di togliere il dispositivo di protezione dall’involucro; indossarlo toccando solo gli elastici, senza mai toccare la parte esterna; far aderire il ferretto superiore al naso e coprire bene naso e bocca; lavare e igienizzare le mani ogni qualvolta tocchiamo la mascherina.
Un’alternativa alla mascherina chirurgica sono le FFP1, che hanno un’efficacia filtrante del 72% in entrata e uscita. Esistono infine anche maschere in elastomeri o tecnopolimeri dotate di filtro sostituibile P2 o P3 regolamentate dalla UNI EN 140 (semimaschere e quarti di maschera) e UNI EN 143 (filtri antipolvere). L’efficienza filtrante di questi dispositivi è analoga a quelli delle FFP2 e FFP3, con il vantaggio di una migliore tenuta sul viso ma con un maggiore disagio dovuto all’incremento del peso.
Su ogni tipo di mascherina, specialmente le FFP, possono essere state montate delle valvole. Rendono a chi le indossa più agevole la respirazione, ma fanno filtrare all’esterno il respiro: quindi non vanno bene per i malati e in genere non proteggono gli altri — in uscita hanno un potere filtrante di solo il 20%.
*** Questi DPI e DM, quando li compriamo, dovrebbero avere impressi i marchi CE e delle norme relative UNI che sono garanzia di requisiti di resistenza a schizzi liquidi, traspirabilità, efficienza di filtrazione batterica, pulizia da microbi.
Arriviamo alle mascherine di comunità, quelle di stoffa. Il loro potere filtrante è condizionato dal tipo di stoffa e dal numero di strati , ma indicativamente possiamo considerare che siano meno efficaci di una mascherina chirurgica sia in entrata, ma soprattutto in uscita (quindi non vanno bene per i malati ). L’ISS spiega che «devono essere multistrato» e che possono essere «confezionate in proprio». Ha dedicato una FAQ all’argomento sul suo sito. Tra le risposte: «Non sono soggette a particolari certificazioni. Non devono essere considerate né dei dispositivi medici, né dispositivi di protezione individuale, ma una misura igienica». «Devono essere realizzate in materiali multistrato che non devono essere né tossici né allergizzanti né infiammabili e che non rendano difficoltosa la respirazione. Devono aderire al viso coprendo dal mento al naso». «È possibile lavare le mascherine di comunità se fatte con materiali che resistono al lavaggio a 60 gradi. Le mascherine di comunità commerciali sono monouso o sono lavabili se sulla confezione si riportano indicazioni che possono includere anche il numero di lavaggi consentito senza che questo diminuisca la loro performance». Esiste anche un documento ufficiale di riferimento che stabilisce delle prestazioni “ragionevoli” per l’uso generico che ne viene fatto: le prassi di riferimento UNI/PdR 90 elaborate da UNI in collaborazione con il Politecnico di Torino. I materiali delle mascherine di comunità, sia commerciali che autoprodotte, sono i più vari. Unici che hanno stilato una classifica di efficienza sono i giornalisti del New York Times che hanno riassunto le prove uscite dai vari laboratori che testano le particelle atmosferiche e che usano le apparecchiature ad alta tecnologia per misurare il potenziale di qualsiasi materiale non convenzionale che il pubblico possa maneggiare. Tra tutti i test fatti, spiccano alcune evidenze generali: molti tessuti fanno un buon lavoro filtrando le particelle virali più grandi (droplets), sono poco efficaci invece per le goccioline più piccole (aerosol) . Nella maggior parte dei casi, le fibre naturali hanno prestazioni migliori di quelle sintetiche e due strati sono meglio di uno . Ecco i risultati nel dettaglio: Panni tipo «carta asciugatutto»: alcune persone usano panni di carta monouso per fabbricarsi una mascherina o li usano come strato interno in una mascherina di tessuto. Nel test i panni di carta (a due strati) hanno filtrato il 96 percento di droplets e il 33 percento di aerosol. Tessuto da cucito in cotone: una maschera a due strati di flanella e cotone è stata una delle migliori testate e ha rivaleggiato con l’efficienza di una mascherina chirurgica. In generale, il tessuto di cotone ad alto numero di fili fa un ottimo lavoro. Jeans e tela: hanno filtrato oltre il 90 per cento di particelle grandi e circa un terzo di particelle piccole. Magliette: le magliette in cotone sono di gran lunga il più popolare tessuto per mascherine fai-da-te, ma c’è molta variabilità nei materiali. Una maglietta pesante probabilmente farà un lavoro migliore di una leggera. Nel test due strati di maglietta hanno frenato il 77 percento di droplets e il 15 percento di aerosol. Sciarpe e bandane : anche in questo caso, i materiali sono molto vari. La maggior parte delle bandane di cotone sono realizzate in cotone molto leggero e, anche se ripiegate per quattro volte, non offrono molta protezione. Nei test entrambe hanno funzionato male.
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